15.6.12

L'avventura continua!

D.Sauveur/Tara Expéditions

Dopo più di due anni e mezzo di spedizione, Tara è di ritorno a Lorient. Quest’ultimo viaggio di studi sulla vita marina permetterà al veliero di ritagliarsi un posto indiscutibile nel mondo scientifico e dell’avventura. La goletta continua la sua rotta sulla scia delle grandi navi oceanografiche.  

Etienne Bourgois, presidente di Tara Expéditions, già punta il suo sguardo verso il futuro.

Dopo una spedizione-maratona come questa, quale sarà il futuro di Tara?

L’imbarcazione rimarrà in Europa quest’anno. Sarà a Lorient per svolgere delle attività scolastiche; poi, per la tappa della Volvo Ocean Race, a Dublino e a Brest a luglio, infine raggiungerà Parigi in autunno. Nel 2013, desideriamo ritornare nell’Artico, un oceano che non abbiamo investigato durante Tara Oceans, per fare il giro dei passaggi a Nord Ovest e a Nord Est. Non conosciamo molto la biologia di questa regione. Sarà l’occasione per mettere a frutto il nostro know-how sviluppato nel corso di due anni e applicarlo a questa zona polare poco nota, ma al centro dell’attualità. Continueremo anche il nostro programma di misurazioni del tasso di plastica a bordo e daremo vita a nuove collaborazioni.

Di ritorno al polo...

Jean-Claude Gascard, che ha preso parte al progetto Tara Arctic con il programma scientifico europeo Damoclès, è di nuovo il coordinatore di un ambizioso programma europeo nell’Artico, che porta il nome di ACCESS (2011-2015), con cui contiamo di collaborare; senza dimenticare gli specialisti russi, canadesi e del Québec di questa particolare regione. Gli scienziati ritengono che nell’Artico siano in corso cambiamenti radicali e che una nuova valutazione della situazione della biodiversità sia molto importante per il futuro.

Avete anche l'intenzione di riprendere gli studi sui coralli…


Stiamo delineando i contorni della spedizione che, nel 2014, seguirà quella dell’Artico, un progetto di studi sul gradiente della biodiversità delle barriere coralline in superficie e in profondità nel Pacifico. Una spedizione realizzata in collaborazione con il regista Luc Jacquet e la sua associazione Wild-Touch, che attraverserà il Pacifico e l’Asia del Sud Est, per poi terminare ad Hong Kong. Infine, desideriamo preparare una nuova deriva artica che debutterà a metà 2015, questa volta passando per lo stretto di Bering. Ripartiremo per altri due anni o forse più…

Etienne Bourgois - F.Latreille/Tara Expéditions

La deriva polare sarà stata un vero successo per Tara…

Tra il debutto della prima deriva artica di Tara, nel 2006, e la fine della seconda, saranno passati quasi 10 anni. All’epoca, tra 2006 e 2008, non fu possibile portare a termine alcuni programmi biologici. Inoltre, adesso l’equipaggio di Tara vanta una certa competenza in logistica polare che siamo felicissimi di mettere al servizio della scienza.

Cercate un po’ più di visibilità?

Tara Oceans è una missione di riferimento che funziona bene, ma il grande pubblico non si è ancora reso conto fino a che punto sia stata una sorpresa per gli scienziati. Tutti concordano nel dire che, grazie a questa spedizione, abbiamo scoperto la nostra ignoranza in materia di oceani. Lavoriamo sulla comunicazione al grande pubblico realizzando film destinati al cinema. Tara Oceans non si ferma quando la nave torna in porto.

Avete parlato anche di un progetto di studio sugli estuari...

È un progetto non ancora terminato a cui tengo molto. Sul mare sorgono vere e proprie megalopoli, 2 miliardi di esseri umani sono interessati e gli obiettivi sono importanti: inquinamento, surriscaldamento climatico, accesso all’acqua potabile e desertificazione. Le pressioni sulla popolazione saranno tali che si stima che quasi 150 milioni di persone dovranno migrare per motivi climatici da qui alla fine di questo secolo. Una certezza: Tara Expéditions si augura di continuare ad operare in favore dell’ambiente.

Dichiarazioni di Etienne Bourgois raccolte da Dino Di Meo

IL FUTURO DI TARA OCEANS
di Éric Karsenti, direttore scientifico della spedizione Tara Oceans

Eric Karsenti - S.Bollet/Tara Expéditions


- 10 anni di analisi complesse sui dati e i campioni raccolti durante la spedizione. Si tratta di un lavoro che dovrebbe offrire per la prima volta una visione integrale dell’ecosistema planctonico mondiale.

- L’applicazione delle nostre scoperte al dominio della ricerca e dello sviluppo per un’ecologia globale del pianeta (nel quadro del programma Oceanomics).

- Un importante rafforzamento della struttura collaborativa e del consorzio OCEANS che riunisce tutti i coordinatori scientifici di Tara Oceans.

- Il potenziamento dell’impatto delle nostre osservazioni a livello politico in collaborazione con istanze nazionali e internazionali come le Nazioni Unite.

- Una maggiore collaborazione tra Tara Expéditions e alcuni attori scientifici come il CNRS (Centro nazionale per la ricerca scientifica), l’EMBL (Laboratorio europeo di biologia molecolare) e il CEA (Commissariato per l’energia atomica e le energie alternative), al fine di diffondere la conoscenza degli oceani al grande pubblico.

14.6.12

Tara Oceans: un tesoro scientifico

D.Sauveur/Tara Expéditions


Iniziata a settembre 2009, l’ottava spedizione di Tara (Tara Oceans) ha come scopo determinare, durante un tour mondiale di due anni e mezzo con 50 tappe, l’effetto del riscaldamento globale sui sistemi planctonico e corallino. Un centinaio di scienziati di tutto il mondo ha preso parte all’avventura. Il primo bilancio della spedizione supera ogni aspettativa. Ma i risultati chiave non saranno noti prima di qualche anno.

Un’odissea di 938 giorni in mare – dal Mediterraneo all’Atlantico, dall’oceano Indiano al Pacifico, fino all’Antartico – e, alla fine dell’avventura, un grido di gioia: «Missione compiuta!». È proprio questo il ritornello intonato in questi giorni dai 70 membri dell’equipaggio e dai 126 scienziati di 35 nazionalità che, dal 2009, hanno vissuto insieme a bordo di Tara (e a terra).

Lo scopo ambizioso di questa spedizione appoggiata dal CNRS (Centro nazionale per la ricerca scientifica), l’EMBL (Laboratorio europeo di biologia molecolare) e il CEA (Commissariato per l’energia atomica e le energie alternative) e da numerosi attori pubblici e privati, coordinata dal biologo Eric Karsenti, responsabile scientifico della spedizione, e da Etienne Bourgois, armatore e presidente di Tara, era chiaro: lo studio degli ecosistemi planctonici nei due emisferi, e di tutti gli oceani, allo scopo di rilevare i preziosi genomi, ma anche gli insiemi corallini. Formato da organismi, animali, piante, alghe, virus e batteri alla deriva, il plancton (dal greco planktos = derivante, errante), essenziale tassello dei cicli climatici e biogeochimici del globo, rappresenta l’80% degli organismi unicellulari apparsi sulla Terra 2,7 miliardi di anni fa. Da qui l’entusiasmo di Eric Karsenti, incentivato dalle ultime frontiere dell’ignoto… «L’idea era quella di comprendere meglio l’origine del plancton, le sue evoluzioni, i suoi movimenti da un oceano all’altro. Quale era la sua distribuzione e la sua biodiversità? Tutti i suoi regni erano interconnessi? Come influiva l’ambiente – temperatura, salinità, acidità e parametri psico-chimici – su queste rare creature?» Per dare una risposta, Tara Oceans ha fatto appello a un esercito di esperti in genomica, imaging quantitativo, biologia, biogeochimica, biogeografia, oceanografia, biofisica, genetica e bioinformatica... Una interdisciplinarità rara. «È stata proprio questa la forza di tale spedizione, il suo apporto rivoluzionario», insiste Eric Karsenti.

CTD - Tara Expéditions

Nel 1997, la NASA aveva fornito la prima stima mondiale sulla produzione clorofilliana di plancton, precisandone il ruolo di regolatore dell’aria terrestre grazie ai suoi processi di fotosintesi. Tara Oceans ha consolidato l’insieme di conoscenze grazie all’enorme quantità di dati raccolti dalla goletta. I ricercatori hanno prelevato 27 000 campioni: un passo da gigante nell’ordine dell’infinitamente piccolo. Da lì la scoperta di un panorama, fino ad allora ignoto, del plancton. Se, fino ad oggi, sono stati scoperti 500 000 organismi planctonici, «rimane ancora da scoprire il 95% dei microorganismi», precisa Eric Karsenti.
«I nostri metodi in bio-informatica ci hanno permesso di constatare che, a livello di batteri, c’erano tra di loro, da una stazione all’altra, attività metaboliche molto differenti», aggiunge Eric Karsenti. È stato a questo livello che si è reso indispensabile l’obiettivo di una modellizzazione degli ecosistemi, possibile grazie alle numerose stazioni. «La costituzione di tali modelli è essenziale. Può consentire di anticipare l’evoluzione dell’oceano, l’organizzazione negli ecosistemi e la loro ripartizione geografica. Sono molto utili per l’aumentata acidificazione e il riscaldamento globale», stima il biologo specialista di protisti Colomban de Vargas (CNRS).

Glider - V.Hilaire/Tara Expéditions

Mentre gli ecosistemi subiscono pressioni di tutti i tipi, Tara Oceans ha permesso di misurare meglio la risposta della vita marina ai cambiamenti climatici. «La distribuzione dei microorganismi è in parte determinata dall’ambiente, la latitudine e le correnti», ricorda Eric Karsenti. «Tali modelli devono poter aiutare a predire l’evoluzione della vita marina in funzione delle variazioni climatiche». D’altro canto, con l’aiuto di alianti muniti di rivelatori e di boe derivanti, sono stati condotti degli esperimenti, in particolare nelle acque del Pacifico ricche di azoto e polvere di plancton, per delineare meglio come il plancton e il corallo si siano evoluti in funzione dell’ambiente.
«Abbiamo constatato che il plancton era colonizzato da un numero gigantesco di virus, e che si era adattato al riscaldamento, continuando a fabbricare la metà dell’ossigeno, a captare la metà di CO2, e quindi a ridurre l’effetto serra», aggiunge Eric Karsenti. «Alla fine, abbiamo un’idea più precisa della sua biodiversità, della sua complessità.
Dal 60 all’80% dei geni e bacilli analizzati fino ad ora grazie a Tara Oceans, era ancora sconosciuto.
Questi sono dati di capitale importanza, poiché qualunque variazione nella composizione del plancton può avere un impatto sull’equilibrio gassoso del pianeta».


UN BUONO STATO DI SALUTE GENERALE DELLA SCOGLIERA CORALLINA ESPLORATE

Tara Oceans si era fissata come obiettivo anche quello di “misurare la pressione” degli ecosistemi corallini. Una sfida enorme per la spedizione. Sono stati studiati non meno di 102 siti, tra i quali Djibouti, Saint-Brandon, Mayotte e le isole Gambier, che hanno rivelato un buono stato di salute generale dei coralli analizzati. Nonostante la loro notoria resistenza agli stress termici e agli aumenti di temperatura, l’acidificazione degli oceani o l’invasione qua e là di stelle marine sono fattori preoccupanti. Le analisi in corso diranno se i coralli possono sopportare eventuali nuovi rialzi di temperatura.

F.Benzoni/Tara Oceans

Tara Oceans avrà consentito altre scoperte stupefacenti, dalle quali emerge un dato negativo: durante il passaggio in Antartide, lo scorso gennaio 2011, la goletta ha rilevato un’ incredibile presenza di plastica in questa parte recondita del globo. I campioni raccolti contenevano tra 956 e 42 826 pezzi di plastica per chilometro percorso. Risultati carichi di conseguenze. Sono in corso varie analisi per valutare i rischi di tale inquinamento per la salute umana, gli animali, gli uccelli e i mammiferi marini.
«Tara Oceans è stata, sotto tutti i punti di vista, una spedizione rivoluzionaria. L’analisi dei prelievi richiede un lavoro immenso almeno per i prossimi vent’anni», sottolinea il coordinatore scientifico Gaby Gorsky. La spedizione continua ora in laboratorio.

ALCUNE IMPORTANTI SCOPERTE

Micro-organismi
In arrivo una nuova banca mondiale di dati raccolti a bordo per delineare meglio la regolazione globale del clima terrestre.

Genomi
Scoperta una diversità inedita di contenuti in geni planctonici, soprattutto a livello di fitoplancton.

Fecondazione degli oceani
Un campionario spettacolare su vasta scala. Le analisi sono in corso tramite imaging e genomica.

Missione corallo
La messa in risalto di una grande dinamica di popolazioni coralline e la scoperta di dieci nuove specie, in particolare nelle isole Gambier.

F.Benzoni/Tara Oceans