30.5.13

PRIMA TAPPA PER TARA

Una decina di giorni dopo la partenza da Lorient, Tara ha raggiunto la sua prima tappa giovedì mattina: le Isole Faroe*. Un breve interludio tra fiordi, uccelli marini e greggi di pecore prima di riprendere il largo verso altre stazioni di campionamento, ancora più a nord.

L.Bittner/Tara Expéditions
Dopo la prima lunga stazione dello scorso fine settimana, la situazione è un po’ precipitata. Una forte depressione è avanzata verso di noi, l'equipaggio è dovuto andar via senza indugio. Poche ore dopo la fine della stazione, i venti cominciavano a gonfiarsi. Per 48 ore, tra le onde che formano creste da quattro a cinque metri di altezza e raffiche di vento a 45 nodi, non era il caso di mettersi a fare ricerche scientifiche sul ponte. Tuttavia, non tutto il male viene per nuocere: Tara ha gonfiato le vele. Molto rapidamente, la goletta è stata in grado di lasciare la zona di depressione e, soprattutto, guadagnare un giorno di anticipo sul programma! Alla fine, vediamo apparire all'orizzonte le Isole Faroe un giorno prima. Il che significa passare un po' di tempo a Torshavn, la capitale di questo piccolo arcipelago perduto tra l'Irlanda e l'Islanda.

E così, dalle sei di stamani, l'equipaggio si è precipitato sul ponte per ammirare le alte falesie dell’arcipelago. Già ieri sera, il profilo delle isole spiccava dolorosamente all'orizzonte. Mentre il bel tempo ci aveva inondato di sole durante tutta la giornata, una coltre di nebbia era scesa su di noi, in pochi minuti, quasi a voler annunciare l’avvicinamento a queste terre aspre. Anche se le nebbie si sono dissipate all'alba, le nere falesie, l'assenza di alberi, la bassa vegetazione che copre tutto il loro manto marrone, tutto qui dà l'immagine di una terra cruda, dura. Alcune note di Vivaldi che uscivano dagli altoparlanti della timoneria rafforzavano questa impressione. Avvicinandoci alla piccola capitale, le falesie si fanno meno scoscese e le case dipinte di rosso, giallo o verde rinviano un’immagine più dolce di questo territorio in cui possiamo addentrarci per quasi due giorni.

Questa parentesi faroese è davvero breve, nonostante l'anticipo sul programma. Appena il tempo di prendere un assaggio della cultura faroese, fare passeggiate tra gli uccelli marini, dire addio a Lucy Bitner, lasciando il suo posto qui per Agnes Rougier, giornalista di RFI, e sarà già ora di partire. Domani sera salperemo di nuovo per riprendere la missione scientifica della spedizione, con due stazioni lunghe già pianificate prima della nostra prossima tappa, Tromsø, nella Norvegia settentrionale. Durante queste due settimane in mare, Tara oltrepasserà un traguardo simbolico per questa spedizione: il Circolo Polare Artico.

Yann Chavance


* Le Isole Faroe (o Fær Øer) sono un arcipelago situato tra il Mar di Norvegia e l'Oceano Atlantico, a metà strada tra la Scozia e l'Islanda. Esse formano un paese facente parte del Regno di Danimarca, insieme a Danimarca e Groenlandia, che copre 1.400 km2 e una popolazione di quasi 50.000 abitanti nel 2010.

GLI STRUMENTI DI TARA : la rosetta


Per gli scienziati, Tara Oceans Polar Circle rappresenta soprattutto un'occasione per completare il lavoro realizzato tra il 2009 e il 2012 durante la spedizione Tara Oceans. Per raccogliere il plancton e studiare l’ambiente in cui vive, Tara intraprende questa nuova spedizione con un ricco armamentario di strumenti. Inauguriamo questa nuova serie dedicata ai vari sensori e dispositivi di imaging e di campionamento presenti a bordo con la rosetta, uno dei fiori all’occhiello di Tara.

J.Girardot/Tara Expéditions

La rosetta di Tara è una gabbia in alluminio di 250 chili contenente dieci bottiglie di campionamento e una serie di sensori. Un assemblaggio che è stato appositamente progettato per soddisfare alcuni vincoli richiesti dal team di Tara. Vincoli tecnici, tra cui le dimensioni per consentire una messa in acqua in tutta sicurezza, ma anche vincoli scientifici, per soddisfare al meglio le esigenze del programma di ricerca. Dopo un primo utilizzo nell'autunno del 2009, poco dopo il lancio di Tara Oceans, la rosetta aveva già superato le 600 immersioni all'inizio di questa nuova spedizione nell'Artico.

Ma, concretamente, qual è il ruolo di questo curioso assemblaggio? La rosetta di Tara è principalmente uno strumento di campionamento, comprendente dieci bottiglie la cui chiusura è controllata a una data profondità. Immersa sott’acqua, fissata all’estremità di un cavo d'acciaio, la rosetta può così prelevare campioni d’acqua di mare ricca di migliaia di micro-organismi, a dieci diverse profondità nel corso di una singola immersione. Per recuperare grandi quantità di acqua, gli scienziati possono anche decidere di chiudere le dieci bottiglie alla stessa profondità, raccogliendo in una sola volta circa 96 litri di acqua di mare. Una volta risalita e depositata sul ponte posteriore, la rosetta è pronta per rilasciare i suoi preziosi campioni: il contenuto di ogni bottiglia viene conservato così com'è, oppure viene pompato attraverso un filtro che raccoglierà i microrganismi. Questa "pesca" di plancton potrà quindi essere studiata a terra.

Ma la rosetta di Tara non si limita al solo ruolo di campionamento. Studiare nuovi organismi non ha senso se non si tenta di collegare ogni specie al suo ambiente. I batteri prelevati vivono in ambienti ricchi di ossigeno? E questo piccolo crostaceo raccolto preferisce le zone più fredde? Per rispondere a queste domande e realizzare una vera e propria "carta d'identità" della massa d'acqua campionata, la rosetta è dotata di numerosi sensori che continuamente durante l'immersione rilevano parametri ottici, fisici e chimici diversi quali la salinità, la temperatura, il tasso di ossigeno o la fluorescenza. Infine, un sensore di immagini consente di visualizzare direttamente le particelle e gli organismi durante l’immersione, di quantificarne la presenza, o anche solo di identificarli. Questa è l'originalità della rosetta: la compresenza, in un unico strumento di ricerca, di strumenti adibiti alla raccolta di campioni e alla misurazione dei parametri ambientali e di imaging, in grado di arrivare fino a mille metri di profondità. Se la rosetta di Tara è da considerarsi uno strumento perfetto per lo studio del plancton, a bordo sono presenti molti altri strumenti che vanno a integrare l’analisi della ricchezza di dati che ogni immersione rivela.

Yann Chavance



Ingegnere presso il Laboratorio di Oceanologia di Villefranche-sur-Mer (CNRS / UPMC), Marc Picheral ha coordinato l'installazione della rosetta a bordo e ne segue il funzionamento.

28.5.13

Le tappe della spedizione Tara Oceans Polar Circle



- Tromsö (Norvegia), 13-21 giugno
- Murmansk (Russia) 24-29 giugno
- Dudinka (Russia) 26 luglio-1 agosto
- Franz Joseph (Russia) 07-09 agosto
- Pevek (Russia) 30 agosto - 03 settembre
- Tuktoyaktuk (Canada) 18-21 settembre
- Resolute (Canada), 01-05 ottobre
- Ilulissat (Canada), 15-20 ottobre
- Québec (Canada) 10-16 novembre
- Saint-Pierre e Miquelon 20-24 novembre
- Ritorno a Lorient 6 dicembre

16.5.13

QUALE MATERIALE SCIENTIFICO SARÀ PRESENTE A BORDO PER LA PROSSIMA SPEDIZIONE?


Rosette CTD. V.Hilaire/Tara Expeditions



Quale materiale scientifico sarà presente a bordo per la prossima spedizione?
Incontro con Marc Picheral e Celine Dimier, ingegneri scientifici.

Ingegnere al Laboratorio di Oceanologia di Villefranche-sur-Mer, Marc Picheral coordina l'installazione di una parte del materiale scientifico a bordo di Tara, in particolare tutto ciò che riguarda il "Dry Lab" (laboratorio secco). Ingegnere presso la stazione biologica di Roscoff, Céline Dimier, gestisce il cosiddetto “Web Lab” (laboratorio umido). Abbiamo rivolto loro alcune domande sul materiale presente a bordo per la spedizione "Tara Oceans Polar Circle".



Il materiale sarà presto a bordo di Tara. Oltre a quello che era già presente durante la spedizione Tara Oceans, cosa ci sarà in più?

Marc Picheral: In primo luogo, per quanto riguarda gli strumenti che saranno sul ponte, abbiamo apportato delle modifiche alla Rosetta – un dispositivo che va sott’acqua per prelevare campioni ed eseguire alcune misurazioni oceanografiche. Abbiamo aggiunto un sensore che ci permette di misurare la luce presente sott'acqua, un fattore importante per la fotosintesi. Abbiamo anche aggiunto un sensore (AQUAscat) che ci consente di calcolare, in un volume leggermente più importante dei sistemi ottici, i piccoli oggetti sospesi in acqua come il plancton o alcune particelle.

Céline Dimier: Nel mio caso, vale a dire nel Wet Lab situato all'esterno, il materiale è essenzialmente lo stesso e consiste principalmente di pompe di dimensioni e tipi diversi (pompa ad aria, ad acqua, peristaltica, ecc.) e di unità di filtraggio di tutti i tipi (25 mm, 47 mm, 142 mm, treppiedi, rampa di filtraggio, ecc.). Con Steffi Kandels-Lewis (ingegnere addetto alla logistica) dobbiamo anche calcolare, sulla base del piano di campionamento, la quantità di tubi, flaconi, filtri, scatole, ecc. necessaria per i 6 mesi di missione. E poi dobbiamo calcolare il volume richiesto per memorizzare questi campioni in funzione della loro temperatura di conservazione: RT (temperatura ambiente), 4°C (frigorifero), -20°C (freezer), -196°C (azoto liquido). Tutte le apparecchiature servono a raccogliere campioni di batteri, virus, protisti, sia per l'analisi genomica sia per quella microscopica.

Verranno aggiunti altri strumenti a questa lista?

Marc Picheral: Utilizzeremo uno strumento che ci consentirà di registrare il plancton nel tratto di mare da Murmansk a St. Pierre e Miquelon. Si tratta di uno strumento utilizzato da decenni, soprattutto nel Nord Atlantico, e che viene trainato da navi commerciali che prelevano plancton su rotoli di seta, in modo continuo. Si tratta davvero di una novità per Tara.

Inoltre, abbiamo un sensore ottico che ci consente di fare un’analisi dettagliata dell’illuminazione solare e che sarà sostituito dal COPS (Compact-Optical Profiling System),  un sensore in qualche modo simile ma che può scendere fino a 100-150 metri sott’acqua. Questo ci permetterà di analizzare in dettaglio l'illuminazione verso il basso e viceversa.

Avete apportato dei cambiamenti anche al Dry Lab all'interno della barca?

Marc Picheral: Sì, aggiungeremo alcuni sensori di luce funzionanti 24 ore su 24, che saranno collegati ai dispositivi del Dry Lab e alla stiva a prua.

Ci saranno due sensori CDOM (Colored Dissolved Organic Material) sempre attivi, di cui uno che permette di dosare con più precisione il CDOM prelevato dalle bottigliette della Rosetta e di prelevare campioni in profondità.

Avremo nuovi sensori che saranno collocati nella stiva a prua, ma controllati dal Dry Lab. L’ALFA (Aquatic Laser Fluorescence Analyser), un sensore ottico, e il FlowCytoBot, un sensore di imaging che consente di identificare i microrganismi. E anche un altro tipo di sensore, il SeaFet, un sensore di pH molto utile in quanto sappiamo che il pH varia con il cambiamento climatico.

Cosa contate di fare per proteggere l'attrezzatura dal freddo?

Céline Dimier: Dobbiamo adattare la barca alle condizioni polari. Ciò comporta dotare il laboratorio di un sistema di riscaldamento, mettere al riparo le tubazioni per evitare il congelamento dell'acqua. Si deve inoltre verificare che i contenitori siano resistenti al freddo (non sempre è possibile e dipende dalla plastica utilizzata). Il dispositivo ad acqua ultra pura sarà dotato di una cartuccia che opera anche con acqua molto fredda (5°C). Dobbiamo inoltre garantire che i prodotti chimici utilizzati siano in grado di sopportare temperature molto basse e che non si verifichino casi di polimerizzazione.

Marc Picheral: Alcuni sensori resistono molto bene al freddo, altri non tollerano il congelamento. E così li riscaldiamo: mettiamo dei teloni, delle termocoperte, dei sistemi ad acqua calda per riscaldare i sensori quando sono fuori dall'acqua.

A ogni modo, il problema non è tanto il freddo, ma la condensazione. Si può avere dell'acqua in superficie nella regione artica a -2°C e passare subito ad ambienti con 20°C e in quel caso si ha condensazione e con gli strumenti ottici è un problema perché non si riesce più a vedere nulla. Li disporremmo a prua anziché tenerli dentro. Questo è il problema maggiore.

Intervista a cura di Anne Recoules


3.5.13

IL TOUR DELL’ARTICO È PARTITO!

Più di un anno dopo la fine di Tara Oceans, la spedizione precedente, Tara ha finalmente preso di nuovo il largo. Domenica 19 maggio, nel pomeriggio, la goletta ha salpato le ancore da Lorient per iniziare una spedizione intorno all'Artico di quasi sette mesi. È il calcio d'inizio di Tara Oceans Polar Circle.

Tutti i marinai e gli scienziati a bordo hanno atteso questo momento per settimane, persino mesi. Alle 15, davanti a una folla di curiosi e amici provenienti da tutta la Francia, Tara ha lasciato il porto di Lorient. La barca ritornerà al porto d’origine a dicembre. Nel frattempo, Tara e il suo equipaggio avranno percorso 25 mila chilometri intorno al Polo Nord, costeggiando prima le coste russe e poi quelle americane.

Ma Tara non ha iniziato il suo viaggio da sola. Intorno alla goletta, decine di barche, dai più piccoli gommoni Zodiac ai più grandi velieri, scortano simbolicamente Tara in questa nuova avventura scientifica. Sul ponte, una ventina di persone ci accompagnano: sono i giornalisti, il team di Tara a terra, il prossimo equipaggio e altri amici. Man mano che prendiamo il largo, le barche si fanno meno numerose.

Arrivati ​​all’isola di Groix, al largo di Lorient, Tara è pronta per la cerimonia tradizionale del battesimo amministrato dal prete dell'isola. E si riparte di nuovo per la seconda volta: i nostri accompagnatori si stringono l’uno all’altro sui gommoni, fino a che rimaniamo in quattordici a bordo. Quattordici persone che condivideranno due settimane di vita in mare prima dell’arrivo alle Isole Fær Øer, la nostra prima tappa.