F.Bernard/Tara Expéditions |
Damoclès rivela i suoi segreti
Nel 2008, al ritorno di Tara a Lorient, dopo 507 giorni di deriva artica, Jean-Claude Gascard, pilastro del programma Damoclès, assicurava che la goletta, una «specie di navetta spaziale nell’orbita polare», portava ai 48 laboratori coinvolti nella missione «un tesoro di guerra». Da allora, ovvero da quando si effettuano misurazioni, i rilievi non lasciano adito a dubbi: la perdita di superficie ghiacciata nell’Artico è pari a un’estensione comprendente i territori riuniti di Francia, Germania e Spagna. Jean-Claude Gascard ci spiega il perché.
Il 4° Anno Polare Internazionale (2007-2008) è stato un’occasione unica per scoprire l’oceano Artico grazie all’ausilio delle tecnologie moderne, di importanti infrastrutture e dei potenti mezzi della logistica. In questo periodo hanno avuto luogo eventi estremi, di portata eccezionale, quali il ritiro senza precedenti e imprevisto dei ghiacci marini nel settembre 2007 o la profonda trasformazione del modo in cui varia l’atmosfera artica, anche detto «oscillazione artica » (AO).
Dopo una fase positiva tra 2007 e 2008, l’oscillazione artica è diventata molto negativa nel 2010. Per poter comprendere le cause più probabili di tali cambiamenti che interessano l’atmosfera, la banchisa e l’oceano Artico, è necessario identificare la catena di avvenimenti che collega questi tre elementi fondanti del clima artico e le interazioni e controreazioni positive o negative che hanno potuto condurre a una situazione simile. L’oscillazione artica (AO) si esprime in valori positivi e negativi. I valori positivi corrispondono a una tendenza ciclonica che si traduce in pressioni atmosferiche più deboli a livello del mare, in temperature dell’aria più elevate in superficie e in condizioni più deboli per la formazione dei ghiacci. Al contrario, un indice AO negativo corrisponde a una tendenza anticiclonica, a elevate pressioni atmosferiche a livello del mare, a basse temperature della superficie e a condizioni intensificate di formazione dei ghiacci (estensione e spessore dei ghiacci maggiore). In conseguenza del forte abbassamento dell’indice AO nel 2010, si sono registrate temperature eccessivamente basse, oltre 10 °C al di sotto delle normali temperature stagionali in Europa, Russia e America del Nord.
I primi cambiamenti osservati nell’Artico non riguardano tanto la distesa quanto lo spessore del ghiaccio marino. Si tratta di osservazioni che risalgono agli inizi degli anni 1990. Rispetto allo spessore medio di oltre 3 metri rilevato negli anni 1970, a metà degli anni ’90 lo spessore medio della banchisa artica era inferiore ai 2 metri. Sono stati i sottomarini nucleari americani che navigavano sotto la banchisa a dare l’allerta. Il fenomeno dell’assottigliamento della banchisa artica è proseguito nel periodo più recente, e oggi si stima che lo spessore medio della banchisa artica sia dimezzato negli ultimi 30 anni. In effetti, è il ghiaccio più antico (denominato ghiaccio multiannuale) con uno spessore superiore a 3 metri ad essere scomparso poco a poco lasciando posto a quello più giovane, il cui spessore è inferiore ai 2 metri.
F.Latreille/Tara Expéditions |
Uno scarto crescente tra lo sciogliersi e il riformarsi dei ghiacci
Paradossalmente, è stata la diminuzione della distesa di ghiaccio marino ad attirare l’attenzione degli osservatori nell’Artico durante il primo decennio del XXI secolo. Nel corso dell’estate del 2007, abbiamo assistito a un arretramento spettacolare dei ghiacci marini e, nel settembre del 2007, la distesa della banchisa artica non superava i 4 milioni di chilometri quadrati, ovvero era due volte meno estesa di trent’anni prima. Se si combina l’assottigliamento del 50% dello spessore del ghiaccio al dimezzamento della distesa della banchisa, si ottiene una perdita di massa o volume pari al 75%. Sono cifre considerevoli. C’è chi sostiene che la perdita di massa o volume della banchisa alla fine dell’estate si aggiri attualmente attorno al 60%. Grazie al programma scientifico europeo Damoclès, abbiamo potuto studiare lo scioglimento progressivo della banchisa in primavera e il riformarsi del ghiaccio in autunno e abbiamo constatato un avanzamento dello scioglimento dell’ordine di 1-2 giorni nel corso degli ultimi dieci anni e un ritardo equivalente in autunno. Il crescente scarto tra lo sciogliersi e il riformarsi dei ghiacci (che attualmente è pari a un mese in rapporto alle osservazioni fatte una decina di anni fa circa) è una misura molto importante del progressivo aumento del periodo di scioglimento della banchisa – il che spiega anche i valori minimi, e sempre più pronunciati, del ghiaccio, osservati a settembre di ogni anno.
Un altro risultato del tutto spettacolare osservato riguarda la velocità dello spostamento del ghiaccio marino, quasi duplicata nell’ultimo secolo. La goletta Tara è stata trascinata dalla deriva transpolare in 507 giorni, da settembre 2006 a gennaio 2008, dal mare di Laptev allo stretto di Fram, mentre al vascello norvegese Fram a bordo del quale navigava il leggendario esploratore Fridtjof Nansen ci vollero più di mille giorni (3 anni) per percorrere la stessa deriva più di un secolo fa. La stazione russa NP35 ha percorso in 10 mesi, da ottobre 2007 a luglio 2008, la stessa distanza che il Fram ha percorso in 2 anni tra il 1894 e il 1896. Nei 507 giorni di deriva transpolare, Tara è rimasta prigioniera dei ghiacci, al confine tra quelli più antichi situati davanti alla deriva e quelli più giovani situati sulla scia del vascello.
La quiete nell’oceano Artico: fino a quando?
Il ghiaccio marino riflette più dell’80% della radiazione solare incidente. Dal momento in cui è ricoperta di neve, tale percentuale denominata albedo [il rapporto dell’energia solare riflessa da una superficie sull’energia solare incidente] può raggiungere il 90%. Al contrario, l’oceano libero dal ghiaccio assorbe l’80% circa della radiazione solare incidente e la trasforma in calore. È questo enorme contrasto tra l’«albedo» del ghiaccio e quello dell’acqua marina che essenzialmente spiega l’origine dell’amplificazione del riscaldamento climatico al Polo. Abbiamo poi esaminato minuziosamente il comportamento dell’oceano superficiale in un contesto in cui i ghiacci marini e l’atmosfera artica subiscono al contempo delle trasformazioni profonde. Le conclusioni principali sono sorprendenti. Senza rimettere in questione il fenomeno del feedback positivo legato all’«albedo» molto fragile dell’oceano in rapporto all’«albedo» del ghiaccio, sembra che gli strati sub-superficiali dell’oceano, così come le strutture principali che caratterizzano la stratificazione verticale dell’oceano Artico, siano considerevolmente stabili.
Abbiamo anche notato una possibile influenza delle acque relativamente calde e poco salate dell’oceano Pacifico, che qui arrivano attraverso lo stretto di Bering, sullo scioglimento accelerato e pronunciato dei ghiacci marini nel bacino canadese e nel mare di Chukchi. Al contrario, le masse d’acqua, relativamente calde e più salate, provenienti dall’oceano Atlantico, che circolano più in profondità rispetto alle acque provenienti dal Pacifico, sembrano avere un impatto molto ridotto sull’origine dei ghiacci marini. Grazie alla missione Tara Arctic, nel quadro del progetto Damoclès, abbiamo identificato uno strato localizzato nel termoclino a circa 100 metri sopra il cuore della massa d’acqua atlantica che si trova a circa 300 metri di profondità nel bacino euroasiatico e a 400 metri di profondità nel bacino canadese, e dove si sviluppa un processo di doppia diffusione di natura convettiva. Ne risulta una struttura molto particolare caratterizzata da strati orizzontali di qualche metro di spessore, chiaro segno della considerevole tranquillità dell’oceano Atlantico che non si comporta come un oceano turbolento esposto a tutti i venti. Ma per quanto tempo ancora sarà così? La spedizione Tara Damoclès nell’Artico è stata prodiga di insegnamenti, come attesta l’elenco di pubblicazioni di altissimo livello presente nelle importanti riviste scientifiche internazionali. Più di 12 articoli pubblicati sul progetto Damoclès si relazionano direttamente alla spedizione Tara Arctic e 6 sono stati diffusi di recente durante alcune giornate internazionali. Un’altra ventina di pubblicazioni scientifiche Tara Damoclès sono attese da qui al 2012.
Jean-Claude Gascard, coordinatore del programma scientifico europeo Damoclès - Marzo 2012