Tra le bottiglie di campionamento della rosetta c’è un intruso, un bizzarro strumento: un lungo cilindro di metallo verticale che sovrasta due cilindri orizzontali. Se la scritta "UVP" presente sul dispositivo non dice nulla al neofita, per gli specialisti, l’acronimo evoca un potente sistema di imaging integrato in grado di contare e misurare tutte le particelle superiori a 100 micron, ovvero un decimo di millimetro. Tra queste particelle, c’è anche il piccolo zooplancton, il famoso plancton "animale", anche detto "neve marina".
Il nome risale al 1960, quando i primi sottomarini che guardarono la superficie marina videro una moltitudine di particelle scendere come neve verso il fondo. Queste particelle in realtà sono pezzetti di materia organica: carapaci di zooplancton, frammenti di fitoplancton morto e altri rifiuti organici di ogni tipo. Questa neve marina è particolarmente importante per il clima del nostro pianeta, infatti tutte queste particelle contengono carbonio che potrebbe sedimentare sul fondo dell'oceano e diventare petrolio. Una vera trappola al carbonio, che imprigiona sul fondo gran parte del carbonio atmosferico.
Per studiare la quantità di particelle, la loro distribuzione e dimensione, ma anche la velocità con cui scendono verso il fondo marino, è quindi necessario uno strumento fatto su misura. Per molto tempo, le cosiddette "trappole di sedimenti", specie di raccoglitori di particelle collocati sotto la superficie, erano gli unici strumenti in grado di quantificare questa neve marina. Nel 1989, il laboratorio di oceanografia di Villefranche-sur-mer si occupò del problema e creò un primo prototipo di UVP. Una ventina di anni più tardi, lo strumento si rivelò un successo, e dal 2010 viene commercializzato. Durante la spedizione Tara Oceans, la goletta poteva vantare di avere a bordo il primo prototipo di UVP.
Ma cosa si nasconde dietro a questo strumento innovativo?
L’UVP è composto da una telecamera "intelligente" collegata a un computer in grado di contare e misurare tutte le particelle che vi passano davanti. Se sono presenti particelle di grandi dimensioni superiori a 0,5 mm, l’UVP memorizza le immagini interessanti per analizzarle in seguito. Per visualizzare le particelle che passano davanti all’obiettivo, i due cilindri orizzontali proiettano un sottile fascio di luce: solo le particelle che passano attraverso la luce di due centimetri di spessore saranno visibili alla telecamera. Inoltre è possibile collegare all’UVP molti altri sensori per rilevare altri parametri quali la profondità.
Durante tutto il tempo in cui la rosetta scende sott’acqua, l’UVP scatta in media diecimila immagini, fino a dieci foto al secondo. Gli scienziati raccolgono moltissimi dati sulla quantità di particelle incontrate, la loro dimensione e profondità. Ciascun tipo di particella può quindi essere associato a una velocità di movimento verso il basso, fornendo informazioni preziose sul carbonio nel fondo dell’oceano. Ma gli ingegneri che hanno ideato l’UVP non intendono fermarsi qui. Il loro prossimo obiettivo è migliorare questa telecamera intelligente affinché sia in grado di individuare in tempo reale le particelle incontrate.
Yann Chavance