17.7.13

Da un meridiano all'altro



La terra di Novaja Zemlja (Isole russe). 
A.Deniaud / Tara Expéditions




Terra in vista! A inizio settimana, tra il blu del cielo e del mare, si è delineata una striscia di terra chiazzata di bianco, che altro non è che Novaja Zemlja, affacciatasi timidamente all’orizzonte. Rispettando le distanze di rigore, le dodici miglia nautiche, Tara costeggia la punta Nord-Est dell’arcipelago. A bordo, qualcuno sogna di avvicinarsi all’isola, di mettere piede a terra, semplicemente per riposarsi e concedersi un attimo di tregua ai movimenti incessanti dell’imbarcazione. Ma dobbiamo continuare la nostra rotta verso Est, superare nuovi meridiani, che ci allontanano inesorabilmente sempre un po’ di più dal fuso orario della Francia…


Un giorno solo ci separa dall’ultima lunga sosta di campionatura, eppure ci sembra già quasi lontana. Ma non abbiamo dimenticato i dati salienti: l’assenza di DCM (massimo profondo di clorofilla), la distribuzione uniforme di fitoplancton su tutta la colonna d’acqua, la presenza importante di copepodi* e di appendicolarie** , e infine gli ammassi di microorganismi morti che scendono verso il fondo…

Ma la fatica appartiene già al passato. La notte successiva è stata pesante: Tara ha navigato nelle acque turbolente del mare di Kara battute da raffiche di vento sino a 40 nodi. Anche l’equipaggio ne ha risentito. Poi è arrivata la quiete, la quiete dopo la tempesta. È una giornata di sole quella di oggi, è l’una del mattino e il sole inonda la sala comune dove qualche insonne è ancora al lavoro. 


Lo stesso fuso orario dell’India

Ogni giorno che passa ci sembra di perdere sempre più la cognizione del tempo. Oltretutto il tempo sembra voler giocare con noi. Dobbiamo continuamente spostare le lancette degli orologi per conservare un legame immaginario con il continente. Tra due giorni, in un batter d’occhio passeremo dalle 14 alle 16, dal caffè dopo pranzo alla merenda! Per curiosità ci siamo interessati al paese che vive al nostro stesso ritmo, o meglio le cui lancette segnano la stessa ora di Doudinka. Seguendo il meridiano, abbiamo attraversato il Tibet e siamo arrivati in India, vicino alla frontiera tailandese. Ci siamo fatti portare proprio lontano…

Oltre all’esplorazione di paesi lontani, ci siamo anche interessati a quelli più vicini a noi. Le mappe indicano che Novaja Zemlja, quella lingua di terra in apparenza uniforme, in realtà è separata dallo stretto di Matočkin.   A nord si trova l’isola di Severnyj a sud Južnyj La prima è coperta di ghiacciai, la seconda di tundra, una vegetazione non uniforme costituita di muschi, graminacee e licheni. Secondo tradizione orale dei Nenet, uno dei popoli autoctoni della Russia, i Sikhirtya o Sirtiya hanno occupato questo territorio durante la preistoria, e si dedicavano alla caccia con l’arpione di trichechi e balene. Ma gli archeologi russi divergono sulla questione dell’esistenza di un insediamento stanziale o di attività stagionali.

Una cosa è certa. Oggi la Novaja Zemlja si popola solo in alcune stagioni di un numero imprecisato di militari, un pugno di meteorologi e qualche nenet che vi si reca per la caccia e la pesca. Nel 1955, l’arcipelago è stato consacrato a esperimenti nucleari sovietici e nel corso degli anni le sue rive sono diventate dei cimiteri di rifiuti nucleari. Per quanto Sergey ci rassicuri che la zona è controllata ogni due anni e che fino a oggi non è stata rilevata alcuna fuga di radioattività, la notizia ci fa venire i brividi. Inoltre siamo scesi di altri tre gradi in un solo pomeriggio. Fuori ci sono zero gradi.


Ore quattro del mattino: rumori sordi sullo scafo

Con Novaja Zemlja ormai alle nostre spalle, ci dirigiamo a est per evitare i ghiacci giacché non solo il tempo ma anche i ghiacci si prendono gioco di noi. Man mano che arriva una mappa, dalla Germania o dalla Russia, cambiamo traiettoria. Da una parte annunciano una zona libera dai ghiacci, dall’altra ci consigliano di raggirarla. A chi credere?

Sono le quattro di mattina, dei rumori sordi di ghiaccio che si infrange sullo scafo ci scuotono dal sonno. Tara cerca di aprirsi un varco in mezzo al ghiaccio compatto; alle cinque, la banchisa si riduce. Tre ore dopo, i motori rombano di nuovo, un'altra lotta contro la natura. Gli elementi della natura ci riservano ancora sorprese!



Anna Deniaud Garcia



* Copepodi: crostacei dall’aspetto di gamberetti microscopici. Gli adulti delle specie più piccole misurano all’incirca 0,2 mm e quelli delle specie più grandi arrivano a circa 10 mm. 

** Appendicolarie: zooplancton. Questo organismo, che agisce come un filtro di materia in sospensione, consente, tra le altre cose, di accelerare il trasferimento di materia carbonica verso il fondo degli oceani. 

Bibliografia: «Peuples du Grand Nord II» (“Popoli del Grande Nord” volume II). Patrick Plumet. Editions Errance