Tara di nuovo tra i ghiacci. A.Deniaud/Tara Expéditions
L’orizzonte ha cambiato colore. Un bordo bianco ricopre il grande blu. Sarà ancora una volta l’effetto Novaja Zemlja che ci sta giocando qualche brutto scherzo? «Ghiaccio in vista!», grida a gran voce il marinaio di guardia. L’euforia si propaga in seno all’equipaggio. Dopo la nostra partenza da Murmansk, non vediamo nient'altro che il bianco inebriante della banchisa. Né il freddo pungente né il giorno permanente riescono a convincerci che stiamo navigando nell’Artico. Eppure ci siamo! Senza timore, Tara si dirige sicura verso la muraglia bianca che si erge all’orizzonte. La goletta sembra desiderosa di rivedere quel vecchio amico che l’ha accolta più volte nella deriva artica.
Da tre giorni le temperature sono davvero crollate, sprofondando sotto lo zero. Qualche fiocco di neve era sceso durante le ultime soste costringendo uomini e strumenti ad attrezzarsi contro il freddo. Per ordine degli scienziati a bordo, ci spingiamo verso est, sopra l’isola di Novaja Zemlja, nella speranza di effettuare campionamenti ai margini della banchisa. Come bambini, siamo impazienti di giocare con il ghiaccio. Ma il primo avvistamento si è concluso con una grande delusione. Due sfortunati pezzi di ghiaccio si sfidano a duello all’orizzonte. Da ridere. Il surriscaldamento climatico non poteva essere più crudele! Malgrado le mappe del ghiaccio che riceviamo ogni giorno ne attestino la presenza a poche miglia nautiche dalla nostra posizione, abbiamo quasi perso la speranza di riuscire a penetrare un giorno nel regno bianco. Ma poi, sabato sera, quando ci eravamo distratti un po’ per festeggiare il compleanno di Claudie, un nuovo mondo si è offerto ai nostri occhi.
Sono le undici di sera passate ma non abbiamo sonno. Sul ponte della goletta, ammiriamo ancora una volta il panorama che sfila davanti ai nostri occhi. Immersi in un silenzio religioso, i blocchi di ghiaccio incastrati l’uno sull’altro galleggiano su un mare liscio come l’olio. Sembra di stare su uno scenario post-apocalittico. Una scoperta per alcuni, un ritrovamento per altri. A ogni modo rimaniamo tutti soggiogati dalla bellezza del paesaggio. «È un piacere rivedere il ghiaccio!» esclama Samuel, il capitano, con un ampio sorriso sulle labbra. «Che bello…» sussurra Joannie emozionata. C’è da dire che la bellezza fredda sa giocare con i colori e le forme per sedurci. Nel blu intenso del mare di Kara, alcune macchie di un bianco immacolato contrastano con il turchese della parte sommersa dei lastroni di ghiaccio. Le forme geometriche di alcuni blocchi si mescolano alle rotondità dei pezzi di ghiaccio erosi, finemente decorati da file di stalattiti trasparenti. Con dolcezza, Tara si insinua zigzagando tra queste sculture naturali. Al timone, bisogna essere vigili.
Dopo una notte di scricchiolii dovuti al ghiaccio che viene a rompersi sullo scafo di Tara, ritroviamo il regno bianco. Non era dunque un sogno, né un miraggio! La verità riprende il sopravvento. Bisogna effettuare campionamenti in questa zona, immergere le reti in quest’acqua ghiacciata, sopportare il freddo ora dopo ora. Domani, effettueremo una sosta lunga ai bordi della banchisa. La vita nelle profondità marine sarà forse più animata che in superficie? Quali micro-organismi sono così folli da scegliere come domicilio questa regione polare? Grazie ai prelievi scientifici, il regno dei ghiacci si rivelerà a poco a poco ai nostri occhi.