Un abitante di Tuktoyaktuk. Foto: F.Aurat/Tara Expéditions |
Da mercoledì sera Tara è ancorata davanti a Tuktoyaktuk, villaggio inuit situato nei Territori del Nord-Ovest del Canada. Il Canada è il secondo paese più grande del mondo per superficie; il nome deriva dal termine urone “kanata” che significa villaggio. Gli 870 abitanti di questo tranquillo centro, in questo angolo alla fine del mondo, sono tutti gentilissimi. L’entrata in territorio inuit è ricca di promesse.
L'arrivo di notte a “Tuk”, come la chiamano qui, è stato un momento ricco di poesia e ha entusiasmato l'intero equipaggio. Non solo perché dopo dieci giorni in mare ogni scalo è benvenuto, ma anche perché alcuni genitori a bordo erano desiderosi di vedere i propri figli.
A poco a poco, il villaggio di case di legno si è delineato davanti a noi nella notte già inoltrata. Non so se era psicologico o reale, ma sentivamo profumi di cucina molto gradevoli che non uscivano dalla nostra. Anche il colore della luce emessa dai lampioni al sodio era molto bello e per niente aggressivo. A riva, qualche conchiglia e delle barche di metallo per la pesca. Un’impressione generale di dolcezza e calma era palpabile.
Il giorno è iniziato con la stessa sensazione. In mezzo a case variopinte, gli abitanti del villaggio, che camminavano o passavano al volante dei loro “pick-up”, erano disponibili, sorridenti, gentili. Ci facevano spesso un cenno amichevole con la mano se non avevano il tempo di fermarsi.
Che si trattasse di formalità da sbrigare per l’ingresso sul suolo canadese, della spesa al supermercato per i rifornimenti a bordo o di semplici scambi di vita quotidiana, qui tutto è stato semplice. La maggior parte degli Inuit che abbiamo incontrato erano tutti molto curiosi e incuriositi da Tara. Gli 800 residenti sono in gran parte di etnia inuit e i pochi canadesi del posto lavorano nella gendarmeria reale, in qualche attività commerciale o nell’insegnamento.
Tuktoyaktuk, che in inuit significa “luogo del caribù”, è un’oasi di pace di cui approfittiamo godendoci la temperatura di 4°C di questa fine estate.
L'unico modo per arrivare a Tuk in questa stagione è in aereo o in barca, come a Pevek, sua vicina russa sull’altro lato dello Stretto di Bering e del mare di Chukchi. A Tuk, prima conosciuta come “Porto Brabant”, ci si può arrivare in macchina soltanto in inverno quando il fiume Mackenzie è gelato. Ed è in aereo che è arrivato il cambio di marinai e scienziati. A seconda della provenienza, alcuni di loro sono arrivati dopo due giorni di volo.
Lasceremo Tuk venerdì sera. Ci attende il Passaggio di Nord-Ovest con il suo labirinto di canali e una grande incognita: la porta d'uscita di questo secondo passaggio della spedizione verso il mare di Baffin e la Groenlandia rimarrà aperta abbastanza a lungo da lasciarci passare?
I ghiacci ci lasciano poco tempo e spazio; non dobbiamo farci sfuggire questa occasione.
Vincent Hilaire
Vincent Hilaire