31.12.13

Buon 2014!

Passaggio di Nord-Ovest, agosto 2013
Spedizione Tara Oceans Polar Circle
copyright: Francis Latreille





Tara vi augura Buone feste e vi dà appuntamento al 2014 nel Mediterraneo.

13.12.13

TARA 10 ANS, 20 REGARDS D’ARTISTES


Mostra visitabile dal 16 dicembre 2013 al 10 gennaio 2014, da lunedì a sabato, dalle 10 alle 19 presso agnès b. 17 rue Dieu, 75010 Parigi


 TARA 10 ANS, 20 REGARDS D’ARTISTES



Artisti.
Ariane Michel. Pierre Huyghe. Xavier Veilhan. Sebastião Salgado. Loulou Picasso. Laurent Ballesta. Francis Latreille. François Bernard. Ellie Ga. Vincent Hilaire. Rémi Hamoir. Benjamin Flao. Julien Girardot. Guillaume Bounaud. Aurore de la Morinerie. Mara Haseltine. Giuseppe Zevola. François Aurat. Christian Sardet. Mattias Ormestad. Cedric Guigand. Alex Dolan. Ho Rui An.



Alcune delle opere esposte




©Sebastião Salgado/Amazonas images 
Isola Deception - Isole Shetland Australi, Antartide 2005



Loulou Picasso
Viaggio in Georgia del Sud,Oceano Atlantico meridionale 2005



Christian Sardet
Fotografare l'invisibile 2009-2012

11.12.13

Tara in cantiere

Rientrata a Lorient dopo più di sei mesi di viaggio intorno all'Artico in condizioni spesso difficili, l'imbarcazione deve essere interamente ispezionata e preparata per le prossime spedizioni.


Tara in cantiere. Julien Girardot/Tara Expéditions


Durante tutta la settimana in corso è previsto lo smontaggio delle installazioni scientifiche allestite per il viaggio appena terminato e lo sbarco dei campioni raccolti. L'imbarcazione si svuota poco a poco. Le vele sono già state rimosse e inviate alla veleria per la revisione.
Nel mese di gennaio l'imbarcazione verrà tirata fuori dall'acqua per una verifica completa da parte della nostra società di classifica: il Bureau Veritas francese.
Questa visita di controllo approfondita ha luogo ogni cinque anni, e riguarda tutta l'imbarcazione, dal fondo dello scafo ai motori passando per l'impianto elettrico e il materiale di sicurezza. Anche le derive verranno smontate per rimettere a nuovo il sistema di calettamento laterale.
A margine di tale controllo ne approfitteremo per rimettere in sesto l'opera viva usurata dal ghiaccio nei mesi passati nell'Artico. Infine i motori saranno sottoposti alla manutenzione periodica delle 10.000h, al controllo delle testate, delle ventole, dei refrigeranti e così via.

È il prezzo che si paga affinché ognuna delle nostre spedizioni si svolga senza problemi tecnici.
Una cura costante e una manutenzione preventiva sono la chiave del successo delle spedizioni in ambienti ostili e isolati.


Loïc Vallette, capitano di Tara

10.12.13

Tara rientra a Lorient, evitato il peggio

di Dino Di Meo, 6 dicembre 2013, alle 19,08.


Sabato 7 dicembre Tara è rientrata a Lorient carica di campioni scientifici. La goletta, che ha navigato attorno al Polo Nord per più di sei mesi, ha rischiato di rimanere intrappolata tra i ghiacci.


Tara nell'arcipelago di Francesco Giuseppe (Foto: A.Deniaud. TaraExpeditions)

Partita il 19 maggio 2013 da Lorient, comune francese del dipartimento del Morbihan, la goletta scientifica Tara ha fatto ritorno sabato in serata al suo porto di origine dopo un periplo di sei mesi e mezzo. Dodici giorni dopo aver lasciato Saint Pierre e Miquelon, ultima tappa prima di “attaccare” l’Atlantico settentrionale, i dodici componenti dell’equipaggio hanno finalmente avvistato le coste di Finistère venerdì al sorgere del sole. Dopo un ultimo prelevamento di campioni di plancton previsto nel Mer d’Iroise, Tara ha subito puntato verso sud e il passaggio marittimo del Raz de Sein per sfrecciare su un mare finalmente calmo verso l’isola di Groix, e infine a Lorient.

A bordo, la routine è quella tipica della fine di un tratto di spedizione. Il capitano Martin Hertau ha assegnato a ognuno un compito molto preciso. Pulizie di primavera in autunno: l’imbarcazione viene messa sottosopra, pulita a fondo fino a farla brillare e infine rimessa in ordine. Fuori, i pantaloni e gli abiti usati per i turni di guardia si seccano al sole dopo essere stati lavati. Sembra che a bordo sia stato fatto un gigantesco bucato. L'île de Sein appare magnifica nella luce del mattino. Le macchine fotografiche vengono finalmente tirate fuori per immortalare l’oceano. La terra è là, ci tende il braccio. Ancora una notte a bordo e poi si concluderà un periplo che a qualcuno deve essere sembrato interminabile. Il buon umore sotto il sole ha ridato a tutti la voglia di darsi da fare. Domani a Groix, quando salirà a bordo Agnes b, armatore di Tara con il figlio Etienne Bourgois, tutto sarà a posto, pronto per la parata prevista a Lorient. Il sindaco ha fatto coincidere l’arrivo dell’imbarcazione con l’inaugurazione dell’illuminazione natalizia. Il materiale che verrà imbarcato a Groix un’ora prima promette di essere pittoresco. L’entrata nel porto turistico e l’approdo alle 18.30 al pontile d’onore della goletta di 36 metri sono stati calcolati al minuto. Gli scienziati e i marinai che si sono dati il turno in questa circumnavigazione saranno sul pontile ad accogliere quest’ultimo gruppo con la soddisfazione di essere riusciti nella missione "Tara Oceans Polar Circle".

Diversamente dalla precedente spedizione "Tara Oceans", questa volta è la goletta a portare tutti i campioni raccolti attorno al polo. Anche se i grandi prelevamenti sono terminati dopo la tappa a Québec di metà novembre, i sofisticati strumenti messi a disposizione da Marc Picheral del CNRS di Villefranche sur Mer, nelle Alpi Marittime francesi, e monitorati dall’ingegnere oceanografico Fabien Pèrault, imbarcatosi per la traversata atlantica di ritorno, hanno continuato a registrare i dati dell’acqua prelevata, contando e fotografando ogni organismo planctonico che passa nel flusso d’acqua pompato all’interno del FlowCam. Durante tutta la traversata dell’Atlantico settentrionale, ognuno si è turnato per verificare a ogni ora il buon funzionamento dei congelatori e dei vari frigoriferi di stoccaggio. Era in gioco la sopravvivenza di 5000 campioni prelevati durante questo tour del Polo Nord. Tara ha traversato l’Atlantico settentrionale con tutto il suo tesoro scientifico nella stiva anteriore. «In caso di problemi, non esitate a svuotare il congelatore del cibo per sostituirne il contenuto con i campioni», esorta Daniel Cron, capo meccanico che si trova a bordo da tre mesi. «Abbiamo tutto quello che è stato raccolto da Tromsø, in Norvegia, fino alla Groenlandia».


MOTORI A PIENO REGIME

Se sul versante scientifico tutto si è svolto senza problemi, non si può certo dire che i 25 mila chilometri percorsi attorno alla banchisa siano stati una passeggiata. Biologi e oceanografi volevano fare le loro ricerche sul limitare della banchisa, là dove l’attività planctonica è più importante ma, per farlo, è stato necessario giostrarsi tra il programma e una fusione della banchisa meno forte rispetto all’anno scorso. Percorrere il Passaggio di Nord-Est e poi quello di Nord-Ovest dunque è stata una vera e propria corsa contro il tempo.

La prima prova è consistita nel doppiare lo stretto situato a nord della Russia. Nicolas de la Brosse, uno degli ufficiali di coperta, ricorda quei momenti di inizio estate. «Il programma era molto fitto e bisognava fare presto», racconta. «Il primo tentativo è fallito perché c’era molta foschia. Inutile arrampicarsi sull’albero per vedere la rotta da intraprendere. Eravamo bloccati dal ghiaccio spessissimo. È stato necessario liberarsi velocemente per ritornare al più presto nelle acque libere. Abbiamo passato quasi una settimana ormeggiati». Il rompighiaccio Yamal si trovava a un miglio (1,8 km), ma faceva orecchie da mercante. «Non ci hanno mai risposto e si sono persino allontanati da noi», prosegue de la Brosse. «A bordo era dura. Avevamo due soluzioni: o rientrare a Lorient e abbandonare la spedizione o fare almeno un tentativo. Gli scienziati non riuscivano a decidersi sul da farsi. Poi è arrivata una mappa dei ghiacci via satellite più ottimista. Si è dovuto motivare di nuovo tutto l’equipaggio. Alla fine siamo passati, ma il passaggio si è chiuso dietro di noi».

L’altro passaggio situato sulla costa canadese rischiava di essere altrettanto delicato da superare. «Otto giorni dopo il passaggio di Nord-Ovest abbiamo visto che la nuova banchisa cominciava a riformarsi», spiega il capitano Martin Hertau. «Abbiamo dovuto sospendere tutte le stazioni per una settimana. Navigavamo con il vento contrario avvolti dalla foschia. Non si vedeva niente». Frattanto Romain Troublé, presidente di Tara expéditions, aveva avvertito le autorità canadesi che Tara avrebbe proseguito comunque. «Il rompighiaccio Louis Saint Laurent si trovava nei paraggi. Ci ha chiamato in VHF [NdR: la banda di frequenze radio ultra alte] per dirci che sarebbe venuto a scortarci. Abbiamo percorso 50 miglia [90 km circa] in sette ore». La situazione avrebbe potuto complicarsi immediatamente dopo lo scalo ad Artic Bay quando è stato necessario far sbarcare Jean-Claude Gascard, uno degli scienziati della spedizione. Baptiste Régnier, l’ufficiale in Seconda, conferma: «Il ghiaccio si riformava rapidamente, ma non essendo ancora molto spesso, ci siamo potuti aprire un varco azionando i motori a pieno regime, raggiungendo così le acque libere per fare poi rotta verso la Groenlandia».


RESTI DI BANCHISA

Qualche settimana più tardi, l’arrivo a Ilulissat, in Groenlandia, è stato davvero spettacolare. È là che il ghiacciaio Sermeq Kujalleq si riversa in mare a un ritmo di 40 metri al giorno. Daniel Cron, capo meccanico, racconta l’arrivo di notte: «A qualche miglia dal porto, eravamo in mezzo a dei resti di banchisa, molto densi, di dimensioni gigantesche, a volte fino a 50 metri di altezza. Abbiamo dovuto avanzare un po’ a zig- zig per avvicinarci perché c’era del ghiaccio dietro la diga».

La traversata fino a Quèbec non è stata affatto riposante, ma piuttosto movimentata, specialmente per via di un’onda più grossa delle altre che è andata a infrangersi sull’imbarcazione trasversalmente. Tutto è crollato. Dall’enorme microscopio al piccolo frigo del quadrato. Più paura che male anche se l’entrata nel golfo del San Lorenzo e l’arrivo a Saint Pierre e Miquelon non sono stati assolutamente facili. L’imbarcazione ha subito ripreso la sua rotta verso Lorient con una traversata atlantica che si è rivelata assai clemente per quest’epoca dell’anno. Tutto sommato, niente di nuovo per gli habitué. Gli altri invece hanno dovuto imparare in fretta a mangiare con una sola mano tenendo fermo il bicchiere con l’altra per evitare che si rovesci. Finalmente, nel giro di ventiquattr’ore, mettiamo di nuovo piede sulla terraferma.

Tara può ora rivelare i suoi segreti e andare a rimettersi in sesto prima della prossima campagna nel Mediterraneo in primavera.



Articolo di Dino Di Meo pubblicato su Liberation
Traduzione: Paola Buoso



7.12.13

L'arrivo a Lorient

Tara sta tornando a Lorient. L'arrivo è previsto per le 17:30, al molo Rohan.
Appuntamento alle 20.00 allo spazio Courbet  per trascorrere insieme a tutto l'equipaggio una piacevole serata in compagnia.

Tara rientra a Lorient

L'arrivo a Lorient. Copyright: Caroline Tattevin


Oggi, sabato 7 dicembre 2013 Tara è tornata al porto di Lorient sugellando la fine della spedizione Tara Oceans Polar Circle: un tour di 25.000 chilometri intorno all’Artico in circa 200 giorni, con un tesoro di 5000 campioni di plancton.
L’attracco al molo è avvenuto alle 18h30 in un clima festivo con il porto illuminato per l’occasione. Ad accogliere Tara più di un migliaio di abitanti del posto, il sindaco di Lorient Norbert Métairie, agnès b, Etienne Bourgois e tutto l’equipaggio.
Un ritorno che domani alle 14h30 verrà celebrato al Salone Nautico alla presenza di tutti i protagonisti della spedizione.

5.12.13

Oceani e carbonio




Il sole si fa breccia nel cielo sopra di noi durante la traversata atlantica di ritorno.
Copyright: Y.Chavance/Tara Expéditions



Mentre il nostro tour dell’Artico volge ormai al termine, e Tara torna a Lorient con i congelatori pieni dei migliaia di campioni di plancton raccolti, una domanda risuona costantemente nella mente dei giornalisti e del grande pubblico venuto a visitarci durante gli scali: che ne è del cambiamento climatico? Sebbene il clima non sia il nostro immediato oggetto di studio, noi però studiamo gli organismi che si trovano nel cuore della macchina climatica. Per fare chiarezza sul tema è necessario innanzitutto analizzare i legami esistenti tra oceani e carbonio.

Si sa, il riscaldamento globale sperimentato dalla Terra da un secolo a questa parte è in gran parte dovuto al rilascio di carbonio nell'atmosfera. Ma ancora dobbiamo dire di quale carbonio stiamo parlando. Il carbonio è in realtà un atomo, il cui simbolo è C, che può essere presente in diverse molecole aventi ciascuna proprietà molto diverse. Nella forma di biossido di carbonio o anidride carbonica (CO2, ovvero un atomo di carbonio legato a due atomi di ossigeno), per esempio, si tratta di un gas serra potente che intrappola i raggi infrarossi nell'atmosfera, facendo salire il termometro. È la stessa anidride carbonica che esce dai nostri polmoni ogni volta che espiriamo, come avviene in tutti gli animali del pianeta. Respirando, il nostro corpo trasforma l'ossigeno (che in realtà è ossigeno biatomico o molecola di ossigeno indicato con il simbolo O2) in CO2. Allo stesso tempo, sul nostro pianeta, molti organismi fanno esattamente il contrario: grazie all'acqua e alla luce, la fotosintesi permette di produrre ossigeno consumando CO2. È il caso delle piante sulla terraferma, ma anche del fitoplancton presente negli oceani, per non parlare dei molti batteri fotosintetici. Ma in questo scambio chimico, l'atomo di carbonio non scompare, esso è incorporato in molte molecole di glucosio, che forniscono energia all’organismo. Il plancton, essendo alla base della catena alimentare, e gli atomi di carbonio emessi durante la fotosintesi si ritroveranno gradualmente in tutti gli organismi circostanti. È importante capire che la Terra è in qualche maniera un circuito chiuso o, per dirla con le parole di Lavoisier, un luogo dove “Nulla si perde, nulla si crea, tutto si trasforma”, e dunque poco importa quale sia la quantità di carbonio presente sul pianeta, la questione è invece sapere sotto quale forma, e dove, esso si trovi. Un equilibrio delicato scombussolato dalle attività umane: il carbonio immagazzinato per milioni di anni sotto forma di energie fossili quali il petrolio viene eliminato in pochi decenni dagli strati profondi della Terra per essere rilasciato nell’atmosfera sotto forma di anidride carbonica. Lo stesso discorso vale per i problemi connessi alla deforestazione, dove il carbonio presente negli alberi viene rilasciato nell'aria, quando questi vengono tagliati e bruciati. Ed è per questo che i famosi “pozzi di carbonio” ora si stanno esaurendo.


Gli oceani al centro del clima

Se definire la foresta amazzonica il “polmone verde” del pianeta è normale, gli scienziati si stanno rendendo conto solo ora che anche gli oceani svolgono un ruolo altrettanto importante in tal senso e funzionano come serbatoi di carbonio e fornitori di ossigeno. Si parla allora di pompa di carbonio. In primo luogo, va detto che, da un punto di vista puramente meccanico, l'anidride carbonica si dissolve naturalmente negli oceani. Il fitoplancton, si è visto, trasforma la CO2 in O2 attraverso la fotosintesi. Inoltre, molti organismi planctonici sono anch’essi in grado di trasformare la CO2, non sotto forma di glucosio, ma di carbonati (o più semplicemente gesso). Alcuni protisti, quei piccoli organismi unicellulari che popolano gli oceani, producono un guscio calcareo che si depositerà sul fondo dei mari dopo la morte dell’organismo. Lo stesso vale per tutti gli organismi marini, veri e propri pozzi di carbonio in miniatura, le carcasse e i rifiuti che si depositano sul fondo dell'oceano per formare a lungo andare sedimenti dove si concentra il carbonio lontano dall'atmosfera. Anche i coralli, essendo a loro volta produttori di secrezioni di carbonio, sono delle riserve di carbonio. Così, gli oceani e i loro abitanti, non contenti di assorbire la maggior parte del calore dovuto al riscaldamento globale e di fornire ossigeno all’atmosfera, avrebbero già assorbito un terzo delle emissioni di CO2 legate alle attività umane, sotto forma di carbonio disciolto o minerale.


Un equilibrio delicato

Un giorno però questo gigantesco pozzo di carbonio potrebbe anche rivoltarsi contro di noi se l'equilibrio di questo sistema dovesse rompersi. Ed è proprio ciò che molti scienziati temono. Il riscaldamento climatico sta iniziando a mostrare i limiti della pompa di carbonio degli oceani: in effetti temperature più elevate diminuiscono la dissoluzione di CO2 in acqua, e la capacità di stoccaggio degli oceani (che è ben lungi dall'essere infinita e potrebbe arrivare alla saturazione) potrebbe a sua volta venire notevolmente ridotta. Peggio ancora, il pozzo si convertirebbe in fonte di carbonio, diventando una vera e propria bomba a orologeria. Un'altra conseguenza dell’innalzamento delle temperature è il fatto che alcune specie planctoniche stanno già cominciando a migrare per raggiungere zone più fredde, contribuendo in tal modo alla rottura di un delicato equilibrio che dura da milioni di anni. E da ultimo, l'ultima inquietante scoperta: l'acidificazione degli oceani. A causa della maggiore concentrazione di anidride carbonica, gli oceani stanno diventando sempre più acidi, e ciò ha un impatto ancora poco chiaro su plancton e coralli, ma sicuramente danneggia il corretto sviluppo di un gran numero di specie, con il rischio sempre presente di sconvolgere il delicato equilibrio della pompa di carbonio degli oceani. Per studiare tali effetti e, perché no, per trovare delle soluzioni, dobbiamo prima di tutto capire i meccanismi della pompa di carbonio: quali organismi sono coinvolti, in che misura vi partecipano, quali possono essere le conseguenze di un aumento delle temperature, dell’acidità o della concentrazione di CO2, e così via. È possibile che alcune delle risposte si trovino oggi proprio nei congelatori a bordo di Tara…


Yann Chavance






3.12.13

Cronaca di un turno

Il timone a ruota di Tara. F.Aurat/Tara Expéditions


Sono quasi le quattro di mattina. Mentre dormo profondamente, cullato dai movimenti di Tara, sento una mano darmi un colpetto sulla spalla: è Jérôme che ha terminato il suo turno e viene a svegliare il suo cambio. Ed eccomi con fatica in piedi, pronto per due ore di veglia.



Adesso sono le quattro. Il rollio che fino a qualche minuto fa mi cullava ora tenta di mettermi a terra. Tenendomi alle pareti del corridoio, lotto per raggiungere la timoneria (il posto di comando). Trovo Baptiste, anche lui svegliatosi da poco. Le parole che escono dopo una notte così breve sono poche e contenute. Mi astengo dal lamentarmi del risveglio malriuscito: alle sei il mio turno sarà già terminato. Baptiste invece, come tutti i marinai, dovrà rimanere di guardia per quattro ore.

Sono già passati dieci minuti. Getto un colpo d’occhio assonnato fuori dall’oblò e mi ritrovo immerso in un altro universo: la notte è nera, così nera che il mare e il cielo sono una sola cosa. Tara sembra immersa in uno spazio fuori dal tempo, senza dimensione, fluttuando nell’oscurità. In timoneria, dove ci troviamo adesso, lo schermo del mio computer emana una luce scialba in mezzo a un esercito di pulsanti, radar, schermi e altre leve illuminati da una luce debole rossa o verde.

Sono le quattro e trenta, e Tara dorme ancora. Il formicaio che la popola di giorno si è dileguato, sostituito solo da qualche tintinnio sul ponte e dal ritmo di una cima sbattuta dal vento. L’atmosfera tranquilla è propizia alla scrittura. Qualche email alla famiglia e agli amici nel tentativo di condividere un po’ di questa nostra quotidianità a un tempo fuori dal comune e routinaria.

Alle cinque, mentre all’orizzonte si profila in maniera indistinta una falce di luna, Baptiste parte per fare il suo giro. Mentre lui passa al setaccio le viscere dell'imbarcazione verificando che motori e macchine funzionino normalmente, io resto solo in plancia. E mentre la luna comincia la sua ascensione, rischiarando timidamente la cima delle onde, tengo d’occhio il radar e l’orizzonte. Niente. Siamo soli nel bel mezzo dell’oceano.

Le cinque e un quarto, e Baptiste è di ritorno. Ci scambiamo i ruoli, ora tocca a me fare il giro passando con una luce frontale. Niente sala macchine per me, ma un laboratorio che non dorme mai, con la sua gran quantità di schermi che proiettano continuamente curve e statistiche di tutti i tipi. Sotto la luce tremolante della mia lampada, seguo passo a passo il protocollo che dettaglia gli elementi da verificare. Non c’è nulla da segnalare. Il pulsante si accende bene sul verde, la curva appare corretta, le linee di calcolo appaiono sullo schermo con regolarità. Tutto è normale. Risalgo in plancia.

Un’ultima mezz'oretta da uccidere. Niente all’orizzonte. Tara scivola sulle onde, le vele gonfie dal vento. La conversazione con il mio compagno di turno si avvia. Lo sappiamo bene entrambi, è un momento favorevole per parlare, per condividere le nostre esperienze, i nostri precedenti imbarchi o la nostra “altra vita” a terra. Il momento del turno di guardia e la sua atmosfera così particolare hanno dato spazio a corsi di musica, introduzioni alle lingue straniere o ancora discussioni appassionate su come rifare il mondo. Questa volta veniamo interrotti da Nadège che viene a sollevarmi dai miei obblighi.

Alle sei finisce il mio turno. Le prime luci dell’alba eclissano la traiettoria della luna, preludio di un sorgere del sole che si annuncia favoloso. Potrei restare una decina di minuti in più per assistere all’apparire dei primi raggi di sole che illuminano l’oceano, posandosi sulle onde che infrangono la prua di Tara, ma resisto alla chiamata di Nettuno per arrendermi all’abbraccio di Morfeo. Qualche ora di sonno ancora prima che Tara si svegli del tutto. Ci attende una giornata che sarà lunga, come la notte che seguirà, con le sue due ore di veglia condivise con un altro marinaio: un altro turno da raccontare.


Yann Chavance

30.11.13

Scienza non stop

Manovre sul ponte. Copyright: Yann Chavance/Tara Expéditions



Dopo la stazione di prelevamento numero 211 realizzata nel Mare del Labrador, la rosetta e le reti sono rimaste ben ordinate al loro posto sul ponte posteriore. È il segno che non ci sarà più lavoro per gli scienziati di Tara nell’ultimo tragitto finale prima del ritorno a Lorient? La risposta sta qui sotto.


Il motivo dello stop alle stazioni di prelevamento è semplice: un anno e mezzo fa la precedente spedizione Tara Oceans si concludeva proprio in queste acque, con una traversata transatlantica simile a questa, solo leggermente più a sud. C'è dunque poco interesse nel campionare una zona già campionata. Ma lo stop alle stazioni scientifiche non vuol dire assenza di lavoro scientifico a bordo, come spiega Fabien, ingegnere oceanografico. “Continuiamo a fare un lavoro in superficie grazie a tutta una serie di sensori costantemente al lavoro a bordo”.
Nella fattispecie, sotto lo scafo una pompa raccoglie acqua di mare che verrà poi analizzata da una moltitudine di sensori: CO2, quantità di materia in sospensione, pH, temperatura, salinità... Ogni giorno, l'ingegnere del CNRS invia una parte di questi dati a terra per il programma internazionale Coriolis, teso a raccogliere tutti i dati fisico-chimici relativi alle masse d’acqua inviati dalle navi da ricerca di tutto il mondo.

I dati raccolti in superficie vengono automaticamente salvati a bordo su diversi hard disk, per essere certi di non perdere nulla di queste preziose informazioni. “Ogni ora faccio il giro dei computer e degli strumenti per verificare che tutto funzioni” continua a spiegarmi Fabien. Di notte, sono gli uomini di guardia a fare il giro, oltre a controllare i frigoriferi dove si trovano tutti i campioni di plancton raccolti dall’inizio della spedizione, il nostro tesoro.

Fabien esegue tre campionamenti giornalieri nell'acqua pompata sotto lo scafo: un millilitro di acqua che andrà direttamente nell’azoto liquido, due litri che verranno filtrati per recuperare plancton e altre particelle, e infine 100 millilitri per “alimentare” il FlowCam, un’unità che fotografa di continuo l’acqua che scorre al suo interno per contare tutte le particelle in sospensione. Il FlowCam può classificare tali particelle in base alle dimensioni e permette di ottenere una serie di statistiche. Pertanto, anche in assenza di stazioni di prelevamento, Tara continua ad arricchire costantemente l'enorme banca dati generata nel corso dei suoi quasi sette mesi di spedizione.
 

Yann Chavance

24.11.13

Lepus in fabula...

Copyright: Y.Chavance/Tara Expéditions

La lepre artica (Lepus arcticus) nel suo folto mantello invernale.

21.11.13

La quiete prima della tempesta...

Attraversando tempeste

Gagliardetto regalatoci dalla capitaneria di porto
di Saint Pierre e Miquelon al nostro arrivo (©Yann Chavance)




Solo cinque giorni di navigazione separano Québec da Saint Pierre, all’incirca 700 miglia da percorrere. Aveva tutta l’aria di una traversata tranquilla e invece… Dopo aver lasciato l’estuario del fiume San Lorenzo, gli elementi sembravano volersi accanire contro la goletta e il suo equipaggio.



Sabato mattina lasciamo il porto di Québec per scendere il fiume di San Lorenzo. L’acqua liscia come l’olio ci accompagna per due giorni, una calma piatta che ci consente di goderci i favolosi tramonti di sole lungo questo estuario, il più grande del mondo. Ma le prime cattive notizie non si fanno attendere: si sta avvicinando una forte burrasca, di forza 8 sulla scala di Beaufort, che va da 1 a 12. Per proteggere l’imbarcazione e l’attrezzatura, il capitano decide di fermarsi e ormeggiare mezza giornata.

Nella notte tra domenica e lunedì, Tara getta l’ancora. Alle prime ore del mattino, l’equipaggio si sveglia di fronte a un piccolo villaggio della penisola Gaspé, o la Gaspésie, nel sud-est del Quebec. Se lì la mattina l’atmosfera era tranquilla, al largo infuriava la tempesta. Ed è solo nel primo pomeriggio che leviamo l’ancora e riprendiamo la navigazione nel golfo del San Lorenzo. Benché il vento fosse sceso a 25 nodi (45 km/h circa), è bastato per dare qualche violento scossone alla goletta.

Durante tutta la notte Tara non ha smesso di rollare, da babordo a tribordo, sollevandosi sulle onde per poi ricadere pesantemente su di esse, regalandoci per tutta la notte un incessante e ritmico martellamento. Il contrasto con la calma piatta del fiume nei primi giorni ha fiaccato la maggior parte dell'equipaggio, come attestano i volti abbattuti che si affacciano alle prime ore del giorno e che confermano la dura realtà della navigazione in questa parte del mondo, famosa per le violente depressioni che qui infieriscono da novembre a marzo.

Appena rimessosi dall’epidemia di mal di mare che lo aveva colpito poco tempo fa, l’equipaggio viene a sapere che sulla sua rotta è in agguato un’altra tempesta, ancora più violenta della prima, di forza 9 con venti di 45 nodi e raffiche che possono raggiungere i 60 nodi, ovvero più di 110 km/h. Ora dopo ora attendiamo gli ultimi bollettini meteo. Frattanto si ipotizzano scenari di ogni sorta, e si pensa di ormeggiare vicino alla costa ad aspettare che passi prima di entrare in porto il giorno successivo.

Mercoledì, il giorno tanto temuto, le ultime notizie lasciano intravedere uno spiraglio di speranza: la tempesta arriverà a Saint Pierre solo cinque ore più tardi, dandoci la possibilità di arrivare al porto in tempo. Dopo un giorno di corsa contro il tempo, i dubbi rimangono numerosi: arriveremo in tempo? la tempesta ci raggiungerà? A Saint Pierre accetteranno di farci da guida in piena notte e di condurci con un simile tempo in porto? A bordo ci speravamo tutti.

Mentre nel grande cielo azzurro del pomeriggio si fa avanti qualche nube di cattivo augurio, la notte cala sul ponte sprofondando la goletta nell’oscurità più totale, velata solo dalle poche luci provenienti dall’arcipelago vicino. Dopo cena un gruppo di marinai affolla la timoneria per scambiarsi le ultime notizie.

Verso le dieci di sera, un esercito di giubbotti e lampade frontali si riversa sul ponte per calare le ultime vele, prima di avvistare l’imbarcazione guida che accompagnerà Tara lungo il canale che conduce al porto. Sarà solo alle 23, ora locale, che Tara spegnerà i motori ormeggiata davanti alla banchina affollata da una decina di curiosi che, incuranti del freddo, sono venuti ad assistere al nostro arrivo. Ed eccoci a Saint Pierre e Miquelon. Finalmente.


Yann Chavance









16.11.13

Nuova partenza, nuova squadra

Nicola de la Brosse sul ponte, intento a pulire il gommone rientrato a bordo.
Copyright: Y.Chavance/Tara Expéditions


Dopo la breve sosta nel porto di Québec, Tara riprende la navigazione diretta ora a Saint-Pierre e Miquelon. Ci attendono quattro giorni di navigazione, due dei quali ci vedranno impegnati a scendere l’immenso fiume San Lorenzo, un tempo che permetterà al nuovo equipaggio di fare conoscenza.

La parentesi canadese a Québec si è conclusa con la partenza sabato scorso all'alba per approfittare della imponente marea del San Lorenzo. Dopo sei giorni di scalo a Québec, Tara ha ritrovato la sua tranquillità. Devo dire che per via delle tante visite di giornalisti, studiosi o scienziati, l’atmosfera a bordo era sempre molto movimentata e i nuovi arrivati erano a volte un po’ confusi da tutto quel trambusto. Fortunatamente, dopo la partenza da Québec, ognuno ha potuto conoscere con più tranquillità l’imbarcazione e i propri compagni di viaggio.

In realtà, solo Martin, il capitano, Daniel, il capo meccanico, e Baptiste, il capitano in seconda, erano già presenti al momento dell'arrivo nelle acque del Quebec. Per gli altri undici passeggeri provenienti dalla Groenlandia, il Quebec rappresentava il momento del cambio turno. Sabato mattina Tara annoverava tra i suoi ospiti molti volti nuovi. Prima spedizione per Patrick - uno dei coordinatori - e Marc, ricercatori del Genoscope-CEA, così come per Fabien, ingegnere oceanografo bretone.

Ritorna a bordo di Tara Christian Sardet, un nome che dovrebbe essere noto a chi ha seguito le avventure della goletta negli ultimi anni. Christian, anche lui coordinatore della spedizione, è l'autore della serie di documentari intitolata «Les chroniques du plancton» ( "Le cronache del plancton"), serie realizzata insieme al figlio artista Noé, anche lui salito a bordo a Québec.

Ricordiamo anche la presenza a bordo dei due artisti Rui An e Alex del collettivo 89+ che racconteranno la loro esperienza a bordo di Tara attraverso foto e video. Basti dire che, appena mollati gli ormeggi, il ponte era già sommerso da una marea di telecamere e macchine fotografiche... senza contare gli obiettivi di Dino Di Meo, altro nome ben noto a bordo di Tara, essendo co-autore del libro «Tara Oceans, chroniques d’une expédition scientifique». ("Tara Oceans: cronache di una spedizione scientifica”). Se Di Meo conosce Tara come le proprie tasche, è però la prima volta che si imbarca.

Qualche cambiamento si è visto anche nel gruppo dei marinai. Nico, un habitué della goletta da ormai quasi dieci anni, rimarrà con noi fino a Lorient come ufficiale di coperta, mentre Dominique lascia la cucina a Nadège. E se il nuovo equipaggio non ha ancora avuto tempo di conoscersi, c’è da scommettere che nei prossimi quattro giorni che trascorreremo in mare fino a Saint-Pierre e Miquelon si stabiliranno velocemente nuovi legami tra gli habitué e i nuovi arrivati ​​a bordo.


Yann Chavance

In rotta per Saint-Pierre e Miquelon

Tara ha lasciato il porto di Québec ed è ora diretta a Saint-Pierre e Miquelon.

Gli artisti Alex Dolan e Ho Rui An si sono imbarcati sulla goletta e rimarranno con noi fino al nostro rientro a Lorient il 7 dicembre.

11.11.13

8.11.13

10-15 novembre 2013: scalo a Québec della spedizione Tara Oceans Polar Circle


V.Hilaire/Tara Expéditions



ArcticNet, la più importante rete di ricerca artica del Canada, il cui fiore all'occhiello è il rompighiaccio NGCC Amundsen, accoglierà Tara. Durante la visita sono previsti vari eventi in collaborazione con l'unità internazionale Takuvik (CNRS - Université Laval), che partecipa alla spedizione Tara Oceans Polar Circle, il Consolato di Francia, l’istituto Stanislas e Québec Océan.

Il programma prevede una conferenza stampa per i media, una serie di conferenze aperte al pubblico, una proiezione di un film aperto al pubblico, e l'organizzazione di visite alla goletta per il pubblico e gli studenti di Québec.

La sosta è anche l'occasione per accogliere a bordo due giovani artisti del collettivo 89plus, Rui An Ho e Alex Dolan, che resteranno con noi per tre settimane nelle quali tenteranno di offrire uno sguardo diverso sulle spedizioni scientifiche.


Maggiori info 

6.11.13

Alle porte del fiume San Lorenzo

V.Hilaire/Tara Expéditions


Dopo St. Barbe, nell'isola di Terranuova, facciamo rotta verso l'imboccatura del fiume San Lorenzo. Le condizioni meteo sono buone: i venti da nord o da ovest non superano i 50 chilometri orari.  Il sole ci ha accompagnato fin qui, anche se ora uno strato di nubi lo copre. Québec è a sole 400 miglia nautiche davanti al tagliamare.


2.11.13

A St. Barbe, nell’isola di Terranova


L’isola di Terranova. V.Hilaire/Tara Expéditions



Da 48 ore siamo ormeggiati davanti a St. Barbe, un piccolo, tranquillo villaggio nell’isola di Terranova (Newfoundland). Un riparo provvidenziale per Tara e il suo equipaggio, vista la tempesta che in questo momento soffia sul Golfo di San Lorenzo. Da questo sabato raffiche di vento da ovest, a 50 nodi, si abbattono su di noi. Terranova fa onore alla sua reputazione.


Ma come facevano i Vichinghi, Jacques Cartier e tutti i grandi marinai che si sono avventurati per primi nelle zone che attorniano il fiume San Lorenzo? Non avevano carte marine: è proprio a loro che le dobbiamo. Si spostavano su imbarcazioni a vela senza motore, e dunque non potevano commettere errori. La velatura in uso allora consentiva spesso solo di compiere qualche evoluzione, ma con tutte queste tempeste da ovest che nascono qui, avevano spesso il vento contrario. Dunque, al di fuori di un senso marino necessariamente molto sviluppato, garante della loro sopravvivenza, dovevano anche sapere come reagire e quali manovre eseguire in qualsiasi momento e senza dover ricorrere alle previsioni del tempo. Altrimenti il mare li avrebbe velocemente gettati in un angolino del bosco di conifere canadesi.

È esattamente l'esperienza che abbiamo fatto a nostre spese ieri, nelle prime ore della sera. Come previsto dai bollettini meteo, la tempesta si è gradualmente avvicinata alla nostra posizione. I marinai e il capitano Martin Hertau erano all’erta e seguivano l'arrivo graduale di questa depressione da ovest piuttosto bassa. Abbiamo perso 31 millibar in 24 ore. Il cielo si sarebbe un po’ incollerito.

Improvvisamente verso le ore 23, nel giro di pochi minuti, l’ancoraggio si è staccato e Tara ha iniziato a scivolare rapidamente verso la costa meridionale più vicina. Ci è voluta tutta la reattività della squadra per evitare l’incagliamento. Martin Hertau ha condotto al meglio l’imbarcazione a motore con un vento sempre più forte. Daniel Cron (Dan), capo meccanico, ha rimesso in funzione il molinello i cui fusibili saltavano regolarmente per via della tensione sull'ancora. Ma alla fine, grazie alla professionalità di Dan, l’ancora è ritornata su.

Così, nella battaglia per non finire la spedizione arenati su un mucchio di pietre, siamo riusciti a volgere la sorte a nostro favore. Ed è solo procedendo in senso inverso, lentamente, che Martin è stato in grado di portare Tara in acque adatte a un nuovo ancoraggio.

Dopo una notte in cui solo i marinai si sono dati il cambio al turno di guardia, per timore che Eolo lanciasse una nuova offensiva, questa mattina l'anemometro annunciava regolarmente raffiche fino a 50 nodi. Stiamo tutti in guardia, con i motori in stand-by. Domani mattina lasciamo St. Barbe e Terranova per fare il nostro ingresso nel Golfo di San Lorenzo, prima di risalire il grande fiume. Ci sarà ancora vento, ma la parte piccante di questa depressione sarà passata.


Vincent Hilaire

31.10.13

Visitate la nostra galleria di immagini e video

 Galleria immagini
Tara sotto la neve

Planet Ocean in Italia

Si informa che la prossima proiezione 
del film documentario Planet Ocean 
di Yann Arthus-Bertrand e Michael Pitiot 
si terrà il prossimo venerdì 8 novembre 2013, 
presso il teatro dell'I.I.S. “Ciuffelli-Einaudi” di Todi.



30.10.13

40 nodi di vento… e un enorme frangente


Copyright: V.Hilaire/Tara Expéditions




A 300 miglia dallo Stretto di Belle Isle, l’entrata a nord del fiume San Lorenzo, incassiamo un colpo da 40 nodi di vento ben sostenuto. L’imbarcazione accusa il colpo; all’interno di Tara, il pasto è allegro e si ha un’idea molto vaga della forza del vento.



Certo, di tanto in tanto, un colpo di vento indistinto si scagliava contro i vetri bombati della goletta, una sbandata faceva sì che ognuno si tenesse ben stretto il proprio bicchiere, ma nel complesso tutto era calmo all’interno. Sulla plancia, per contro, si agitava un mare infuriato, sbiancato da un vento a 40 nodi. Il mare è ordinato, cosa che facilita il passaggio dell’imbarcazione che beccheggia molto poco e scivola tra le onde; veniamo rivoltati solo da qualche grosso frangente in vena di scherzi. Tutto sembra facile per questa imbarcazione avvezza alle condizioni più estreme: pare indistruttibile e fila a dieci nodi con poca pendenza a mancina. Tara naviga a due vele, con un terzaruolo e la trinchettina… ci asteniamo dal servirci del secondo terzaruolo, per ora il vento soffia a 45 nodi.

Se si vuole andare sul ponte, la forza degli elementi trasformerà la passeggiata in una acrobazia. Nonostante tutto, l’ingegnere Marc Picheral decide di cambiare la seta del CPR, lo strumento che registra senza sosta la presenza di plancton e che viene trainato sul retro dell’imbarcazione da quando abbiamo lasciato Nuuk. 
Là fuori è una guerra: i marinai urlano per farsi sentire, volano gli spruzzi delle onde, e il mare dietro di noi è una scia fumante.

La nostra prima sfida è rientrare nel San Lorenzo prima che un vento da sud-ovest previsto per il primo novembre si abbatta su di noi. Tutte le miglia guadagnate verso sud sono un passo in avanti e a questa velocità ce la faremo.

Alcuni pensano che in mare non ci sia niente da fare, eppure le giornate scorrono molto veloci.
Siamo sempre all’erta nel tentativo di identificare ogni rumore, ogni movimento dell’imbarcazione. Scrutiamo il mare cercando di capire se la sua forza scemerà o accrescerà, se le vele sono ben regolate, se la velocità corrisponde all’andatura. Certamente ci aiutano un sacco di strumenti elettronici, schede meteo che ci informano sulla forza e la direzione del vento ogni tre ore. Martin Hertau, il capitano, è molto attento all'imbarcazione e al suo equipaggio. Non smette di andare e venire, tutto concentrato nel suo lavoro…

All'improvviso, un bel po’ di tempo dopo la cena, quando tutti stavano già dormendo, tranne chi era di guardia e Martin, un enorme fracasso ha fatto tremare tutta la barca e ci ha riscosso dal sonno. Tutti si son precipitati in plancia: mentre François Aurat, Vincent Hilaire e Baptiste Régnier verificavano il ponte, Martin lo illuminava. Abbattiamo per calmare il movimento dell’imbarcazione e per non incorrere in inutili rischi. Il colpo è stato molto violento a mancina, pensavo che avessimo urtato contro qualcosa, o che la trinchettina fosse esplosa… sono ancora tutti scossi dalla paura.

Un enorme frangente ha spazzato via il ponte, torcendo la lastra che copre il mulinello, le battagliole, strappando via il supporto di una tanica e srotolando lo yankee che cadendo ha subito dei danni.

La forza del mare è incredibile.
Come ha potuto un’onda torcere una lamiera di 30 gradi?
Come ha potuto staccare via  dall’avvolgitore la fune fissata al suo finecorsa?

Senza dubbio la spedizione non può dirsi finita: il mare può riservarci ancora molte sorprese da qui a Lorient.


Jean Collet

Primo capitano dell’ex Antarctica, oggi ribattezzata Tara. Incaricato della preparazione dell’imbarcazione anche per la spedizione Tara Oceans Polar Circle, condividerà con noi le sue impressioni in questo tratto tra la Groenlandia e Québec.

In mezzo a un banco di globicefali


26.10.13

In vista del traguardo


Eric Karsenti preparando i campioni per l'analisi fisico-chimica.
V.Hilaire/Tara Expéditions


A Ilulissat, in Groenlandia, si è  unito all’attuale spedizione Tara Oceans Polar Circle, Eric Karsenti, nella veste di responsabile scientifico. Ideatore di questa spedizione di raccolta del plancton a livello mondiale iniziata più di quattro anni fa a Lorient, ci parla delle ultime stazioni scientifiche di questa avventura che stanno per concludersi qui nel Mare del Labrador e i lavori in corso sul materiale campionato durante la precedente spedizione Tara Oceans.


- Vincent Hilaire: Abbiamo appena lasciato la Groenlandia e, pochi giorni fa, il Circolo Polare Artico. Tara Oceans Polar Circle entra ora nel rettilineo finale. L’analisi dell’oceano a livello mondiale volge dunque al termine?

- Eric Karsenti: «L’idea generale della spedizione Tara Oceans era quella di caratterizzare la vita in tutti gli oceani del mondo e quindi di vedere quali organismi vi fossero presenti. Ecco perché nella spedizione del 2009-2012 abbiamo attraversato il Mar Mediterraneo, l’Oceano Indiano, l’ Oceano Atlantico meridionale,  l’Antartide, l’equatore, il Pacifico meridionale e la Corrente del Golfo nell’Atlantico settentrionale. Ci rimaneva dunque l’Artico e la regione del Pacifico occidentale.. Al termine di questa indagine (Survey) del Mar Glaciale Artico, ci mancherà solo il Pacifico occidentale.

Questo tour dell’Artico è un nuovo successo, siamo riusciti ad attraversare i due passaggi in tempo. L’Artico è composto da una profonda regione centrale irraggiungibile perché situata sotto la banchisa e di un’altra periferica, che si trova al di sopra della piattaforma continentale.  È quest’ultima che siamo riusciti a campionare, completando così il lavoro iniziato con Tara Oceans.»


- Vincent Hilaire: Che cosa avete cercato di esaminare più precisamente nell’Artico,?

- Eric Karsenti: «Il percorso logico era partire da Lorient, in Francia, e iniziare dalle acque dell’Atlantico settentrionale. Tra Lorient, le Isole Fær Øer, l’Islanda e il bacino islandese fino a Tromso in Norvegia, abbiamo “scansionato” la circolazione oceanica dell’Atlantico settentrionale.

Poi a partire da Murmansk, nella Federazione Russa, abbiamo trovato acque meno profonde e là abbiamo campionato una nuova area di acque atlantiche così come un’altra regione alimentata dalla fusione dell’artico siberiano.

A nord-est, nel mare della Siberia orientale, abbiamo campionato la regione seguente, alimentata dalle acque dello Stretto di Bering provenienti dal Pacifico settentrionale. Molti fiumi importanti come il Mackenzie in Canada o lo Yenisei in Russia si riversano in questo bacino.

Poi abbiamo attraversato il Passaggio di Nord-Ovest, secondo scoglio della spedizione, per sbucare in un’altra regione attorno alla Groenlandia.

Infine, al momento stiamo campionando  l’ultimo spazio oceanico tra la Groenlandia e il Canada, una zona molto importante per la circolazione delle acque profonde. Le acque dell’Atlantico settentrionale si raffreddano qui in  superficie prima di ripartire in profondità per regolare successivamente altre acque, per esempio  quelle dell’Oceano Indiano.

In ognuno di questi bacini abbiamo raccolto acque in superficie e, quando era possibile, in profondità, nello strato mesopelagico a 350 metri circa. In profondità, ci sono masse di acqua dalle caratteristiche molto specifiche, e dunque una vita planctonica molto diversa.


- Vincent Hilaire: Che cosa ci può dire dei risultati di Tara Oceans ? E quando si inizierà a lavorare sui campioni di Tara Oceans Polar Circle ?

- Eric Karsenti: «Durante la spedizione Tara Oceans, abbiamo effettuato 153 stazioni. L’analisi di tutti quei campioni è molto complessa, perché è necessario dare forma a dati oceanografici (studio delle masse d’acqua), all’imaging (composizione di specie e  organismi planctonici) e a dati genomici colossali (sequenziamento di geni). Questo è un prerequisito indispensabile prima di poter capire qualcosa.

Per i dati oceanografici e lo studio della struttura degli  ecosistemi abbiamo organizzato le cose e siamo venuti a capo di tutte queste informazioni. Tutti questi risultati sono memorizzati in un database chiamato Pangea a Brema.

In termini di imaging, un terzo delle analisi sono state effettuate correttamente e sono archiviate a Villefranche sur mer, Dublino e Heidelberg.

La quasi totalità del sequenziamento dei marcatori di specie è stato fatto e  1/3 dei campioni sono stati preparati per ottenere dati metagenomici, ovvero dati relativi alla composizione in geni degli ecosistemi marini planctonici.

È stato raggiunto un accordo con i responsabili della banca dati europea di sequenziamento EBI (European Bioinformatics Institute) che si trova a Cambridge. Il genoscopio di Evry, in Francia, dove si  realizzano tutte le analisi genomiche trasmetterà presto all’EBI i dati del sequenziamento.

Alla fine, tutti i dati oceanografici, di imaging e genomica saranno disponibili presso tale centro.

Per la spedizione in corso Tara Oceans Polar Circle  abbiamo effettuato altre 57 stazioni, per un totale di 210, il loro studio impiegherà ancora molti anni.»


- Vincent Hilaire: Qual è il vantaggio di memorizzare tutti i dati a Cambridge ?

- Eric Karsenti: «L’idea generale di Tara Oceans era di avere prima dei dati integrati e complessi per descrivere gli ecosistemi marini. Per raggiungere questo campionamento a livello mondiale, è stato necessario inserire i dati in una forma utilizzabile per eseguire analisi statistiche. EBI è la migliore struttura in grado di compiere questa missione al giorno d’oggi.

Questo «super server» è accessibile a tutti gli scienziati che desiderino informazioni, è per quello che noi siamo impegnati nel progetto Oceanomics finanziato in Francia  grazie al Grand Emprunt*.


Intervista a cura di Vincent Hilaire


*Grand Emprunt: sta per “grande prestito” ed è  il pacchetto di investimenti voluto dal presidente Sarkozy a sostegno della  formazione, la ricerca di base e di alcuni precisi settori di sviluppo tecnologico.

25.10.13

Fine della parentesi groenlandese


Vista dal mare di Nuuk, capitale della Groenlandia.
V.Hilaire/Tara Expéditions




Stamattina Tara e i quattordici membri del suo equipaggio hanno lasciato Nuuk, e quindi anche la stessa Groenlandia. Venti giorni abbiamo trascorso lungo la costa ovest di questa isola bianca e gelata, tra Uummannaq, Ilulissat, e Nuuk, la sua capitale. Lasciamo le terre degli Inuit, un popolo entrato in una rapida fase di cambiamenti.



Delle poche ore trascorse a Nuuk, conserverò il ricordo di uno choc. Primo perché è la prima volta che rimettiamo piede in una vera e propria città. Dopo il mio imbarco a Pevek (Čukotka, Federazione Russa) quasi due mesi fa, abbiamo fatto scalo solo in insediamenti e piccoli villaggi. Il passaggio del Nord-Ovest è un gran villaggio con pochi abitanti per chilometro quadrato!

Ciascun villaggio ha la sua storia, pochi abitanti, Inuit con origini diverse e varie, e poche cose in comune: l’aerodromo, l’ufficio postale e l’ufficio del sindaco.

A Nuuk ho le vertigini. Zone e centri commerciali con vetrate molto più glaciali dello stesso vento di borea. L’attività di una città con il suo traffico stradale, i suoi pedoni, i suoi bar e i suoi negozi... Oggi, qui, abbiamo ritrovato la civiltà occidentale dei nostri giorni.

Poi abbiamo levato le ancore. Tara fa ora rotta a sud-ovest verso il centro del Mare del Labrador dove verosimilmente faremo un’ultima sosta, l’ultima stazione scientifica di lunga durata per Tara Oceans Polar Circle.

Evento che ha risvegliato in Eric Karsenti, nostro responsabile scientifico e ispiratore di questo folle progetto iniziato a settembre 2009, una vena umoristica: «È giunta l’ora della fine!». Un’osservazione fatta come sempre in uno scoppio di risa!


Vincent Hilaire



22.10.13

Tara è entrata nello Stretto di Davis


Marc Picheral accanto alla rosetta. V.Hilaire/Tara Expéditions



Dopo la partenza da Ilulissat, abbiamo effettuato una prima stazione di prelevamenti nella Baia di Disko. Siamo ormai in rotta verso sud.  Stanotte passeremo il circolo polare artico e i suoi 66°33’ Nord. Una pagina che voltiamo dopo cinque mesi di spedizione trascorsi principalmente a nord di questa linea.




Un mare liscio come l’olio, un gran sole, niente vento e temperature leggermente sopra lo zero, la discesa verso sud costeggiando il litorale ovest della Groenlandia si sta svolgendo in buone condizioni climatiche. La nostra prossima “fermata” in mare è prevista per mercoledì quando effettueremo una stazione scientifica di lunga durata, ovvero per più di 24 ore. Oggi, l’équipe scientifica ha effettuato la manutenzione del materiale e un campionamento “underway”. Le pompe dell’acqua di mare che attraversano lo scafo di Tara consentono anche di campionare le acque durante la navigazione senza necessità di fermarsi.

Dopo l’uscita dalla Baia di Disko, siamo entrati subito nello Stretto di Davis, via di uscita dall’Artico prima di ritrovare il Mare del Labrador. Questo mare è il prolungamento dell’Oceano Atlantico, tra il Labrador e la Groenlandia.

Venti forti sono previsti a fine settimana e Martin Hertau, il nostro ”nuovo” capitano che ha preso il testimone di Loïc Vallette, prevede di “rintanarsi” nei pressi di Nuuk, cittadina capoluogo della Groenlandia, qualora incontrassimo qualche repentina tempesta. È la città più popolata dell’isola con 16.181 abitanti nel 2012 su un totale di 56.749. Nuuk è situata a circa 240 chilometri dal circolo artico e il suo porto è il più grande di tutto il territorio. Nuuk significa “punta” in groenlandese ed è solo dal 1979 che la capitale si chiama così, prima si chiamava Godthab che significa buona speranza in danese. Nel novembre 2008, i cittadini di Nuuk hanno votato con schiacciante maggioranza a favore di un’indipendenza, la cui richiesta è cresciuta nei confronti del regno di Danimarca.

Tre principali correnti marine attraversano il Mare del Labrador. Una corrente fredda che risale lungo le coste della Groenlandia, un’altra che scende lungo il Labrador e infine una terza di origine atlantica più calda. È quella che la nuova équipe condotta da Eric Karsenti, responsabile scientifico e ideatore di queste spedizioni, intende caratterizzare.


Vincent Hilaire

19.10.13

Tara torna a veleggiare nel Mare di Baffin


Tara e il suo equipaggio lasciano Ilulissat 
(Baia di Disko, Groenlandia). F.Aurat/Tara Expéditions





Sabato, nel primo pomeriggio, abbiamo lasciato il bel porto di Ilulissat (Groenlandia) dopo quattro giorni di scalo. L’equipaggio si compone sempre di quattordici persone, ma ci sono state cinque sostituzioni. Il programma scientifico prevede di effettuare quattro stazioni scientifiche fino a Québec nel Mare di Baffin, e poi  nel Mare del Labrador.

17.10.13

COMUNICATO STAMPA – 17 ottobre 2013



DUE ARTISTI SELEZIONATI DA 89PLUS
IN RESIDENZA A BORDO DI TARA 



Pierre Huyghe e Xavier Veilhan a bordo di Tara in viaggio nell'Antartico, 2005. 
Courtesy: galleria Marian Goodman, New York/ Paris



Dopo aver accolto negli ultimi anni gli artisti Pierre Huyghe, Sebastião Salgado o ancora Xavier Veilhan, Tara (prima Seamaster con Sir Peter Blake) continua la sua missione di sensibilizzazione del grande pubblico invitando a bordo due giovani artisti selezionati da Hans Ulrich Obrist e Simon Castets per 89plus: Alex Dolan e Ho Rui An. Si imbarcheranno a Québec, in Canada, il 12 novembre, nel corso della spedizione Tara Oceans Polar Circle, un tour dell’Artico a scopo scientifico e pedagogico e rimarranno a bordo per 25 giorni fino a Lorient, in Francia. Hanno carta bianca per raccontare la loro esperienza.

- “Utilizzerò il tempo a bordo per riflettere sull’aspetto ambientale dei miei lavori artistici. Mi concentrerò sulla difficoltà di condividere l’obiettivo delle spedizioni scientifiche in generale: raggiungono poco il grande pubblico benché ci riguardino tutti. Ciò è particolarmente vero per quel che concerne il mutamento climatico”. Alex Dolan / artista e curatore di mostre statunitense.

“Non sono esattamente il tipo da barca; questa esperienza mi interessa perché mi dà l’opportunità di confrontarmi con le mie paure e i miei timori di fronte all’immensità del mare. La paura è sempre fonte di creatività; mi auguro quindi che questo viaggio sia produttivo”. Ho Rui An / artista, scrittore e curatore di mostre di Singapore.

Questa residenza di 25 giorni sarà per Tara Expéditions una nuova opportunità di sensibilizzare il pubblico alle tematiche ambientali tramite l’opera degli artisti. Dopo l’acquisto di Tara nel 2003 da parte di Etienne Bourgois e agnès b., numerosi artisti di fama internazionale si sono imbarcati a bordo di Tara durante le nostre spedizioni scientifiche per condurre progetti scientifici che potrete scoprire visitando la nostra galleria: tara-gallery.com.
Fino al rientro della spedizione Tara Oceans Polar Circle, previsto per il 7 dicembre a Lorient (Francia), gli artisti vivranno la quotidianità a bordo con scienziati, marinai e saranno immersi nell’universo multidisciplinare di Tara, nella sua ricerca di sapere sulla biodiversità marina e il suo adattamento rispetto ai cambiamenti climatici. La navigazione transatlantica in pieno mese di novembre promette condizioni metereologiche pesanti che consentiranno loro di rendersi conto delle difficoltà di tale spedizione.

Per 89plus, questa esperienza di residenza si iscrive nell’ambito di uno sforzo teso a rivelare nuovi talenti, nati nel o dopo il 1989, che rappresentano quasi la metà della popolazione mondiale. Tale “sinergia” come la definisce Hans Ulrich Obrist, co-fondatore di 89plus, sarà anche occasione di condividere tale avventura scientifica unica per meglio conoscere il nostro pianeta. 89plus è molto entusiasta di questa residenza mobile e fluttuante che ben illustra gli anni di collaborazione tra Hans Ulrich Obrist e agnès b. su point d'ironie. Un numero speciale di questa pubblicazione gratuita (con una tiratura mondiale di 100.000 copie) è stata dedicata a Tara lo scorso anno, mettendo così in luce il tesoro degli oceani: il plancton. Dal canto suo, agnès b. è molto felice di accogliere di nuovo degli artisti a bordo, persuasa che "tutti i grandi sono stati piccoli".
Non perdetevi questi appuntamenti:

89plus Marathon @ SERPENTINE GALLERY, LONDON
18 e 19 ottobre 2013 http://www.serpentinegallery.org 

- Ritorno della spedizione Tara Oceans Polar Circle e 10 anni di Tara Expéditions @ PARIS

Data da confermarsi in dicembre 2013 con i due artisti, Etienne Bourgois, Hans Ulrich Obrist e tutta l’équipe di Tara

Per seguire la spedizione in diretta: www.taraexpeditions.org

Una foto in HD scattata dagli artisti durante la loro residenza sarà inviata da qui al 15 dicembre 2013

Contatti stampa:

Tara Expéditions: Eloise Fontaine, eloise@taraexpeditions.org e Marc Domingos marc@taraexpeditions.org
89plus: Andrew Elmendorf, andrew@89plus.com


89plus è un progetto internazionale interdisciplinare co-fondato dai curatori Simon Castets e Hans Ulrich Obrist che prende in esame la generazione nata dal 1989 in poi. 89plus realizza conferenze, incontri e mostre, attorno a una generazione la cui voce inizia solamente adesso a farsi sentire, ma che rappresenta quasi la metà della popolazione mondiale.
Segnato da vari avvenimenti importanti, il 1989 è un anno che ha visto la caduta del muro di Berlino e l’avvento del World Wide Web. Credendo nell’ipotesi di una relazione tra questi avvenimenti che cambiarono il mondo e la creazione in senso ampio, 89plus presenta il lavoro di alcuni dei protagonisti più ispirati di questa generazione, www.89plus.com

Tara Expéditions organizza spedizioni scientifiche volte a studiare e comprendere l’impatto dei cambiamenti climatici e della crisi ecologica sui nostri oceani. Iniziativa privata a scopo non lucrativo francese, Tara Expéditions opera dal 2003 a favore dell’ambiente e della ricerca, grazie a un’imbarcazione mitica, Tara, progettata per condizioni estreme. Il progetto è nato dalla passione per gli oceani, da una visione umanista e impegnata dei suoi creatori, agnès b e Etienne Bourgois.

Le spedizioni scientifiche di Tara studiano due argomenti principali: l’oceano e il mutamento climatico. Sono frutto di una collaborazione con istituti scientifici e apportano risultati concreti su tali tematiche. Tara Expéditions agisce concretamente per rafforzare la consapevolezza ambientale del grande pubblico e dei giovani, specie attraverso il progetto Tara Junior, e incita i politici ad agire in ambito ambientale. www.taraexpeditions.org      

CURATORI
Simon Castets è direttore e curatore al Swiss Institute / Contemporary Art, New York, e co-fondatore di 89plus.

Hans Ulrich Obrist è condirettore di mostre e programmi, direttore dei progetti internazionali alle Serpentine Galleries di Londra così come co-fondatore di 89plus.

BIOGRAFIA DEGLI ARTISTI 

Ho Rui An (nato nel 1990, a Singapore) è un artista e scrittore che opera a Londra e a Singapore. Lavora intorno alla nozione  “dell’essere spettatore”, esaminando il ruolo dell’affetto nella nostra vita sociale, culturale ed estetica. I suoi testi, immagini animate e conferenze-spettacolo sono stati presentati in numerosi festival e mostre, tra i quali Sapporo International Short Film Festival (2012), Sintok Singapore Film Festival, Tokyo (2012), Cairo Video Festival (2010) e Singapore Short Cuts (2009).

Alex Dolan (nato nel 1990, negli Stai Uniti) è un artista che opera a Portland, Oregon. Nel suo lavoro si serve di un ampio ventaglio di supporti per esprimere l’influenza dei fattori delle tensioni contemporanee, per esempio, il riscaldamento climatico, la tecnologia climatica, la tecnologia, internet. È co-curatore di Appendix Project Space, e recentemente ha partecipato a delle mostre nell’ambito di vari progetti quali Generation Works, Karma international, Portland Institute for Contemporary Art e, prossimamente, West Lane South.

Per scaricare foto e video esenti da diritti fino al 22 ottobre: http://we.tl/C1NICcYalp


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