26.7.13

La placida Dudinka

Tara nel porto di Dudinka. Anna Deniaud / Tara Expéditions




Dopo aver risalito il fiume Enisej per due giorni, abbiamo attraccato al porto di Dudinka, in Russia. Nonostante l’ora mattiniera del nostro arrivo, le autorità russe erano là ad accoglierci. Le formalità non ci hanno rubato molto tempo e da mercoledì mattina gironzoliamo per le vie tranquille di quella che fino al 2006 era la capitale del Taimyr nella Russia settentrionale. 



Fin dal primo momento il visitatore percepisce il calore e l’ospitalità della gente del nord. Forse la loro migliore difesa contro gli inverni lunghi e rigidi. Il capitano dell’imbarcazione, che ci ha guidato nelle ultime miglia marine, ci invita a bordo per un bicchiere di vodka e un assaggio di pesce crudo. Inutili i nostri “Niet spassiba”*: dovevamo farlo per onorare la tradizione russa. Dopo un bicchiere di alcool locale ho trovato il coraggio di addentare il pesce ancora sanguinante. Lee mi ha seguito senza grande entusiasmo. Dopo l’assaggio, ai nostri gentili sorrisi è seguito uno scoppio di risa tra i nostri ospiti, che ha rivelato un aureo luccichio nella bocca del capitano. Un’esperienza da non perdere. E siamo felici di averla vissuta appieno. Poi è arrivata una ragazza con un regalo per l’equipaggio, una testa di lupo in perle avvolta da pelliccia. Il lupo sale a bordo e gli viene riservato un posto d’onore nella cabina principale.

Dopo alcune ore di riposo, siamo andati alla scoperta di Dudinka. Abbiamo visitato la chiesa di Svyato-Vvedenskaya e salutato l’inevitabile Lenin in pietra, percorso le grandi vie urbane dominate dalle condutture di calore in acciaio, visibili all’aria aperta. Una visione poco piacevole, ma le caratteristiche del suolo, il permafrost o pergisol* che dir si voglia, non lasciano spazio a molte alternative. Urbanisti e imbianchini hanno pensato bene di ovviare a questo obbrobrio dipingendo le facciate degli edifici con colori che un tempo furono sgargianti: rosa fucsia, giallo limone, verde oliva. E per rallegrare il paesaggio urbano, sono stati installati anche degli alberi di plastica luminosi sui marciapiedi. Ammantata di neve, Dudinka deve avere, durante tutto l’inverno, un aspetto decisamente festivo e sembrare una tavolozza di colori che spuntano qua e là dalle magliette e dai vestiti delle giovani donne, ma questa è un'altra storia o forse solo la riprova che la moda non si ferma alle porte della Siberia.

Ci siamo avventurati all’interno dei blocchi di edifici scoprendo a ogni angolo un venditore di legumi, un parco per bambini o una vecchia auto abbandonata per la delizia dei collezionisti. Ma sono solo apparenze. Dudinka è misteriosa. Bisogna osare aprire le porte e scoprire un altro mondo. Chi avrebbe mai pensato di trovare una bania* in una zona così malmessa? O un cyber-café al primo piano di un complesso residenziale? Per aprire altre porte bisognerebbe conoscere la lingua ed è proprio questo il nostro maggiore ostacolo all’immersione siberiana. E chissà se la lingua russa basterebbe… Dudinka è anche un crocevia di culture e comunità diverse.



Anna Deniaud Garcia



* Niet Passiba: No, grazie in russo
* Pergelisol: strato di terra perennemente gelato
* Bania: sauna russa